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Ogni anno sull’Adamello, il ghiacciaio più esteso d’Italia, spariscono 14 milioni di metri cubi di acqua, pari a 5.600 piscine olimpioniche. La sua estensione areale infatti si sta riducendo progressivamente, passando dai circa 19 kmq del 1957 ai circa 17,7 del 2015. Sebbene lo spessore del ghiacciaio sia notevole (sono stati misurati 270 metri a Pian della Neve nel 2016), negli ultimi anni si sta registrando anche una progressiva riduzione pari a 10-12 metri dal 2016 ad oggi.

Si registra anche un marcato ritiro della sua fronte di oltre 2000 metri negli ultimi 160 anni tanto da poter parlare, dati del Comitato Glaciologico alla mano, di un progressivo ritiro, interrotto da blande pulsazioni positive, l’ultima durante i primi anni del 1980. Durante la Piccola Età Glaciale (terminata a metà del 1800) il massiccio dell’Adamello insieme al Presanella ha ospitato oltre 100 corpi glaciali. Da allora, i ghiacciai presenti sul massiccio hanno perso oltre il 50% della superficie totale (dati Carlo Baroni, Responsabile Alpi Centrali Cgi).

È il risultato del monitoraggio effettuato nella prima tappa della Carovana dei ghiacciai di Legambiente sui ghiacciai dell’Adamello in Lombardia.

“Stiamo assistendo alla scomparsa di un patrimonio inestimabile – dichiara Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente – poiché non si tratta solo di bellezza e di importanti riduzioni di risorse idriche oltre che di aumento del dissesto. Gli studi di Valter Maggi (Cgi- Università Milano Bicocca) ci fanno capire come attraverso la memoria custodita dal ghiacciaio è possibile raccontare la storia di come si sono evoluti l’umanità e l’ambiente”.

“Ciò nonostante – continua – noi stiamo perdendo questi preziosissimi archivi. Per recuperare ancora qualcosa bisogna andare in fretta, sempre più in fretta per portare a casa il maggior numero di informazioni possibili che tra poco spariranno poiché non c’è nulla di diverso da una casa che va in fiamme e si perde tutto”.

Se si potesse riassumere la tappa dell’Adamello in un’immagine, aggiunge Marco Giardino, segretario del Comitato Glaciologico Italiano, “questa sarebbe una fotografia in bianco e nero a elevato contrasto. Un’immagine forte, d’impatto, in grado di mettere chiaramente a confronto i segni delle espansioni glaciali del passato e gli attuali diffusi fenomeni di deglaciazione del massiccio. Il contrasto tra la piccola massa di neve e ghiaccio del Presena e l’ancora imponente altopiano glaciale dell’Adamello, che pure mostra nettamente segni di sofferenza ai suoi margini, dai circhi di alimentazione alle lingue effluenti. Il contrasto fra diversi strati di neve, nevato e ghiaccio con evidenze sia in superficie sia nelle profondità del ghiacciaio, come evidenziano i rilievi nivologici, i monitoraggi glaciologici e le perforazioni che hanno permesso di estrarre informazioni preziosissime sulla storia antica e recente del ghiacciaio dell’Adamello”.

“Studi che oggi – sottolinea – si rivelano fondamentali per disegnare gli scenari ambientali del futuro, indispensabili per progettare ed attuare la mitigazione e l’adattamento al riscaldamento climatico. La prima tappa della Carovana dei ghiacciai ha dimostrato che la cooperazione che si realizza oggi fra ricercatori e operatori glaciologici sull’Adamello è di buon auspicio per superare l’apparente contrasto fra uomo e natura. Un’impresa necessaria anche in retrospettiva, pensando alle tracce della Prima Guerra Mondiale che sull’Adamello ci parlano di contrasti e conflitti: non solo fra eserciti di nazioni belligeranti, ma anche fra gli uomini e la natura glaciale inospitale”.

L’altipiano in cui è situato il ghiaccio dell’Adamello si trova al di sotto delle condizioni di equilibrio in cui si trovano abitualmente i ghiacciai delle Alpi lombarde (3400 m di quota contro i 3000 m dell’Adamello), da ciò derivano le condizioni di particolare fragilità del ghiacciaio come testimoniato dai rilevamenti dei tecnici Amerigo Lendvai del Servizio Glaciologico Lombardo, Christian Casarotto del Muse – Museo delle Scienze di Trento e Gianluca Tognoni di Meteotrentino.

Dall’osservazione svolta in questa tappa della Carovana di Legambiente si registrano nell’area del ghiacciaio affioramenti di isole rocciose che trasmettendo più calore enfatizzano così il processo di fusione glaciale. Nello stesso tempo il ghiacciaio si frammenta come è accaduto di recente al settore di ghiacciaio accanto al rifugio Caduti dell’Adamello, il quale fino a dieci anni fa era in contatto con la massa glaciale principale e ora è staccato. Altri circhi glaciali si stanno staccando dalla massa glaciale.

Con le misure tramite paline ablatometriche (aste graduate inserite nella massa glaciale attraverso perforazioni) si osservano ovunque dati negativi che vanno da meno 0.7 metri all’anno del Pian di Neve ai meno 2,9 metri all’anno nella lingua effluente del Mandrone, a meno 4,5 metri all’anno nella parte inferiore della stessa.

Anche nel 2019 nonostante l’innevamento di inizio estate sia stato abbondante la fine della stagione si è chiusa con un’ingente fusione di ghiaccio. Le osservazioni del 2021 mettono in luce che la neve residua è già quasi esaurita nel mese di agosto nella stazione di misura nei pressi del passo Veneracolo (3100 metri s.l.m.).

Altre osservazioni della superficie del ghiacciaio permettono di individuare le aree più sofferenti: una serie di crepacciature con andamento semicircolare definiscono dei calderoni, ovvero delle depressioni in cui la superficie del ghiacciaio collassa in corrispondenza di cavità endoglaciali, che si vanno allargando progressivamente. Le dimensioni di una di queste depressioni misurate dal Sgl alcuni anni fa erano pari a 90 metri di larghezza e 15 di profondità.

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