
Manovra economica: emendamenti in discussione e polemiche su stipendi ministri
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Il governo spacchetta il maxi emendamento e lo presenta in commissione Bilancio. Le opposizioni attaccano l’aumento degli stipendi per i ministri non parlamentari, mentre il ministro Crosetto difende la misura proponendo di applicarla dalla prossima legislatura
La Manovra economica 2024, dopo una breve frenata, riparte in commissione Bilancio alla Camera. Il governo ha deciso di spacchettare il maxi emendamento in sei proposte separate, ognuna relativa a settori specifici, a causa delle regole parlamentari che non permettono di presentare emendamenti di dimensioni troppo ampie. Questo cambiamento è avvenuto in seguito alla sollecitazione delle opposizioni, che hanno chiamato in causa la presidenza della Camera per ottenere una redistribuzione più chiara delle coperture finanziarie.
Il nuovo pacchetto di emendamenti è stato depositato dai relatori, non dal governo, e include modifiche in vari ambiti. Si attende ora la presentazione di altri emendamenti, soprattutto non onerosi, mentre la scadenza per i sub-emendamenti è fissata alle 20.30 di oggi. La seduta della commissione riprenderà con l’obiettivo di concedere il mandato ai relatori entro martedì, così da poter discutere la manovra in Aula mercoledì 18 dicembre e arrivare a una possibile approvazione venerdì 20 dicembre.
Il nodo degli stipendi dei ministri non parlamentari: scoppia la polemica
Una delle questioni più controverse riguarda l’emendamento che propone l’aumento degli stipendi dei ministri non parlamentari, equiparandoli a quelli dei ministri eletti. Questa misura, che comporterebbe un incremento di circa 1,3 milioni di euro all’anno, ha suscitato dure critiche da parte delle opposizioni. Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, ha attaccato il governo, accusandolo di dare priorità agli stipendi dei ministri mentre blocca altre misure sociali come il salario minimo. Anche il Movimento 5 Stelle ha espresso forti critiche, definendo la proposta “una vergogna” e “una norma che grida vendetta”. La misura riguarda circa otto ministri e una decina tra viceministri e sottosegretari non eletti, che vedrebbero il proprio trattamento economico adeguato a quello dei colleghi parlamentari.
Crosetto difende l’aumento ma propone un rinvio alla prossima legislatura
A fronte delle polemiche, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha preso posizione a difesa della sostanza dell’emendamento, sottolineando che è giusto equiparare gli stipendi dei ministri, indipendentemente dal fatto che siano o meno parlamentari. Tuttavia, Crosetto ha proposto di posticipare l’applicazione della norma alla prossima legislatura, per evitare polemiche in questo momento politico. In un lungo post pubblicato su X (ex Twitter), Crosetto ha affermato che il principio alla base della proposta è corretto e basato su criteri di equità istituzionale, ma ha anche riconosciuto la necessità di evitare tensioni politiche pretestuose.
Secondo il ministro, la misura va difesa, ma per smorzare le polemiche sarebbe utile che essa riguardasse solo i futuri governi, evitando così accuse di favoritismi nei confronti degli attuali membri dell’esecutivo non parlamentari. Crosetto ha ribadito che la giustezza dell’emendamento non dipende dalle persone coinvolte, ma dal principio di parità tra chi ricopre incarichi istituzionali.
L’impatto sugli equilibri politici: opposizione e governo a confronto
L’emendamento sugli stipendi dei ministri non parlamentari è diventato un tema centrale nel dibattito politico degli ultimi giorni, evidenziando la frattura tra governo e opposizione su questioni economiche e sociali. Mentre il governo cerca di portare avanti la Manovra nei tempi previsti, l’opposizione continua a contestare le priorità stabilite dall’esecutivo, con accuse di scarsa attenzione ai problemi reali dei cittadini e di privilegiare le classi politiche. La proposta di Crosetto di posticipare l’aumento degli stipendi potrebbe rappresentare una via per placare le polemiche, ma resta da vedere se sarà sufficiente per ridurre la tensione politica in vista del voto finale sulla Manovra.
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(con fonte AdnKronos)
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