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“Un mare di polistirolo. Invisibile, che viene mangiato dai molluschi come le telline, dai crostacei e, a seguire, dai pesci e che poi arrivano nelle tavole dei romani”. E’ quanto si legge sulle colonne del Messaggero che riporta i risultati di uno studio dell’Università di Tor Vergata pubblicato sulla rivista scientifica Atmospheric Pollution Bulletin.

La ricerca, si legge sul quotidiano, ha “passato al setaccio il Tirreno proprio di fronte alla foce del Tevere e ha visto che, fino a sei chilometri al largo, ci sono preoccupanti presenze di polistirene. In sostanza, di polistirolo, che viene usato nella vita di tutti i giorni anche per gli imballaggi dei prodotti alimentari che si acquistano con la spesa”.

“È il primo studio del genere fatto alla foce del Tevere – spiega Greta Petrella, chimica del dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche dell’ateneo romano – Per la prima volta siamo stati in grado di quantificare il polistirene e ci ha stupefatto la sua presenza anche a una grande lontananza dalla riva, a valori simili delle zone più vicine alla costa”.

Il valore che più ha sorpreso gli studiosi – spiega il quotidiano – è stato “a una distanza che equivale a circa 6 chilometri dalla linea di costa: lì la concentrazione di polistirolo in particelle, anche non visibili all’occhio umano, è stato di media intorno ai 45 microgrammi per litro”. “In alcuni punti della linea più lontana dalla costa siamo arrivati a valori anche di 60 microgrammi per litro di sedimento – sottolinea la biologa Giulia Papini, prima firma del lavoro e studiosa del Laboratorio di ecologia sperimentale e acquacoltura di Tor Vergata – Si tratta di microplastiche che si accumulano sui fondali, e che quindi possono essere ingerite da invertebrati marini come vongole, cannolicchi e gamberetti, e infine dai pesci che se ne nutrono”.

“Il suggerimento che possiamo dare è di prendere molluschi provenienti da aree monitorate o allevati e stabulati, che quindi prima della vendita siano mantenuti in vasche con acqua pulita – prosegue Papini – La pesca irregolare può portare a tavola prodotti prelevati in aree con un alto tasso di inquinanti, oltre che di microplastiche”. Quanto ai pesci, “è sempre una buona regola eviscerarli prima di cuocerli”. I ricercatori di Tor Vergata – conclude il quotidiano – stanno continuando il lavoro per cercare di capire quante di queste piccolissime particelle di polistirolo finiscano poi direttamente nel pesce e stanno concludendo un nuovo studio dal quale sarà ancora più chiaro lo stato di salute del mare.

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