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Buone notizie sul fronte riciclo dei rifiuti. La viceministra dell’Ambiente e alla Sicurezza energetica Vannia Gava ha annunciato importanti novità regolamentari per semplificare le norme che regolano la costruzione degli impianti di smaltimento.

“Ad oggi, gli unici centri di preparazione per il riutilizzo sono autorizzati con provvedimenti regionali e caratteristiche operative differenti, nonché con tempistiche lunghe e disincentivanti” – ha spiegato la viceministra Gava – “Con l’intervento normativo, al contrario, consentiamo l’apertura dei centri con procedura semplificata, promuovendo una maggiore intercettazione di quei rifiuti che possono riacquistare nuova vita e valore sul mercato”.

L’esempio migliore di quanto spiegato da Gava riguarda lo smaltimento dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), spesso difficile da operare: “In questo modo avremo meno costi di smaltimento, più economia circolare, maggiore tutela ambientale e promozione di imprese e occupazione”, spiega.

La chiave del decreto, vicino alla firma come dichiarato dalla stessa Gava, sarà semplificare e uniformare le norme tra le diverse Regioni.

Dopo la pubblicazione, avvenuta il 3 giugno scorso, del decreto per l’entrata in vigore del nuovo Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti, il dibattito passa agli impianti di riciclo.

Quanto ricicla l’Italia rispetto all’Ue

A livello comunitario, ogni anno vengono prodotti 2,2 miliardi di tonnellate di rifiuti. Più di un quarto (27%) è rappresentato da rifiuti urbani: detriti quotidiani raccolti e trattati dai comuni e generati prevalentemente dalle famiglie. Come spiega il sito del Parlamento europeo, i dati rivelano che la quantità di rifiuti e le modalità di gestione variano notevolmente tra i vari Stati membri, ma si è osservato un graduale trasferimento verso un riciclaggio più intensivo e un minor conferimento in discarica.

Secondo le statistiche del 2021 riportate dal sito istituzionale, il 49,6% di tutti i rifiuti urbani nell’Ue è stato riciclato o compostato, con un incremento del 3,6% rispetto al 2017. L’Unione si è posta come obiettivo di raggiungere il 60% di riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti urbani entro il 2030.

Si registrano miglioramenti anche per quanto riguarda i rifiuti conferiti in discarica: la percentuale di rifiuti è scesa dal 24% del 2017 al 18% del 2020. In conformità con la direttiva sulle discariche, ciascuno dei 27 Stati è obbligato a ridurre la quantità di rifiuti urbani smaltiti in discarica al 10% o meno del totale dei rifiuti urbani generati entro il 2035.

Obbiettivi che non fanno tremare il polso al Belpaese che rappresenta un modello da seguire in materia di rifiuti: nel 2021 l’Italia ha registrato una quota di riciclaggio e compostaggio dei rifiuti urbani pari al 51,4%, superiore alla media europea pari a 49,6%. Buone notizie anche sul tasso di smaltimento in discarica (esclusi i principali rifiuti minerali) che l’Ue vuole contrastare. Qui, la media Ue è del 18% mentre l’Italia si attesta al 15%.

Se i dati sul riciclaggio dei rifiuti urbani sono positivi, quelli sulla raccolta differenziata sono encomiabili. Secondo il rapporto GreenItaly, nel 2021 l’Italia è stata il primo Paese europeo per riciclo dei rifiuti. I dati raccolti da Ispra, l’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale, certificano un aumento della raccolta differenziata in Italia dell’1 % nel 2021, per un totale del 64% della produzione nazionale. L’Italia immette nel circolo della raccolta differenziata quasi 19 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno.

Le percentuali di riciclo variano molto in base alle zone: l’Ispra rileva che la raccolta è pari al 71% dei rifiuti per le regioni settentrionali, al 60,4% per quelle del Centro e al 55,7% per le regioni del Sud.

La riforma sui rifiuti annunciata dalla viceministra Gavia va nella direzione chiesta dall’Ue e continua nel solco di una buona prassi italiana.

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(AdnKronos)


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