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“C’è una forte riduzione sia in estensione ma soprattutto in spessore, e quindi in acqua stoccata disponibile, degli apparati glaciali a livello globale. Praticamente tutti i ghiacciai dell’emisfero settentrionale e anche, con minore intensità, quelli dell’emisfero meridionale sono afflitti da questa inesorabile quanto rapida fusione e il problema fondamentale è che questa evoluzione dell’ambiente morfoclimatico glaciale è fondamentalmente derivante dall’aumento delle temperature: più aumentano le temperature meno gli apparati glaciali si estendono”. Così all’Adnkronos Massimiliano Fazzini, esperto nivologo e climatologo responsabile del Gruppo nazionale di studio sui cambiamenti climatici di Sigea, dopo l’allarme Unesco su alcuni ghiacciai iconici del patrimonio mondiale a rischio scomparsa entro il 2050.

La zona più interessata da questo fenomeno è l’area artica perché proprio in questa area negli ultimi 30-40 anni abbiamo avuto i maggiori aumenti di temperatura, addirittura dell’ordine di 3-4 gradi. Le grandi calotte che rappresentano un enorme stoccaggio di acqua allo stato dolce, della Groenlandia e dell’Islanda, nonché di tutte le isole dell’artico canadese, hanno avuto riduzioni del 30-35% della volumetria, che è qualcosa di incredibilmente elevato se riportato al brevissimo lasso di tempo inteso da un punto di vista geologico e dell’evoluzione geomorfologica”, spiega.

“Certamente i ghiacchiai delle basse e medie latitudini non se la passano meglio: dagli studi condotti si vede che la fascia tra i 2000 e e 3000 metri, per questioni termodinamiche, negli ultimi 40-50 anni è quella che si è scaldata di più – continua l’esperto – Cioè se a livello globale, o meglio ancora europeo, osserviamo un aumento delle temperature negli ultimi 40-50 anni di circa un grado, in montagna questo aumento è di circa due gradi, il doppio, con effetti sull’ambiente molto più intensi. E i ghiacciai europei si stanno ritirando in maniera rapida quasi come quelli artici e himalayani”.

Guardando all’Italia, “attualmente ci ritroviamo con oltre 900 ghiacciai: negli ultimi 4-5 anni il numero è aumentato perché quelli che prima si univano alle quote medio-basse con il ritiro delle lingue glaciali si sono separati. Quindi sembrerebbe che sono aumentati ma in realtà si sono divisi perché hanno subito un forte calo delle masse e delle lunghezze e abbiamo attualmente solo tre ghiacciai degni di nota che superano i 10 km quadrati: Adamello, Forni e Miage. Questi ghiacciai hanno mediamente perso negli ultimi 15 anni un buon 10% della loro volumetria. Siamo in una condizione realmente drammatica non solo per la modificazione dell’ambiente fisico delle alte quote ma perché questi ghiacciai rappresentavano una fonte di acqua a disposizione per l’intero ambiente fisico e antropico che ogni anno diminuisce in quantità e qualità perché i ghiacciai si stanno anche ‘sporcando’, cioè sono fortemente inquinati”.

Questo 2022 poi è stato un anno orribile da un punto di vista climatico: abbiamo avuto periodi di siccità estremamente lunghi, scarse precipitazioni nevose, l’estate più calda degli ultimi 150 anni dopo quella del 2003 quindi delle concause che hanno ridimensionato in maniera abnorme gli apparati glaciali, specialmente i più piccoli, tanto che alcuni quest’anno sono passati da definizione di ghiacciaio a glacionevato perché non hanno più movimento e sono troppo piccoli per essere considerati ghiacciai”, conclude Fazzini.

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(AdnKronos)

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