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L’intervista di Enrico Letta è esplosa come una bomba nelle chat dei parlamentari Pd sin da questa mattina. “Hai visto? E ora, che si fa?”, è la domanda che corre tra deputati e senatori dem spiazzati dal blitz del segretario. Letta oggi, nella sua prima intervista ad un quotidiano, dice che i due capigruppo di Camera e Senato dovranno essere donne. Lo dice al Tirreno, che è lo storico quotidiano della sua regione ma -si fa notare- che è anche quella di Andrea Marcucci. E l’intervista esce anche in un’altro quotidiano del gruppo, la Gazzetta di Reggio Emilia: a casa di Graziano Delrio, insomma.

L’ipotesi di un cambio era nell’aria da giorni. Ora le indiscrezioni sono diventate una richiesta esplicita di Letta. E i gruppi -le assemblee sono previste martedì- saranno chiamati ad esprimersi su una richiesta che suona un po’ come un atto di fiducia verso il nuovo segretario Pd. “Certo, è un’entrata a gamba tesa”, dice un deputato dem, “ci ha spiazzato tutti. Da Parigi è tornato Enrico ‘Matteo’ Letta, è tornato un rottamatore…”.

La presa di posizione del segretario va a scardinare un sistema di equilibri tra correnti articolato tra presidenti e vice nei gruppi. E non è stata affatto presa bene. A palazzo Madama c’è molta irritazione, a quanto si riferisce. I senatori più vicini ad Andrea Marcucci reagiscono a caldo con stizza, si dicono pronti a ‘sfidare’ il segretario e tentati di andare alla conta: “Vediamo, non è detto che Andrea non venga rieletto… e poi se il problema è la foto per la parità di genere, ma di che parliamo?”. Anche se il ragionamento tra i senatori dem è che difficilmente si andrà a uno scontro: “Non sappiamo cosa intende fare Marcucci, lui di certo ha i numeri ma arroccarsi e per di più sulla parità di genere non avrebbe senso”.

Il riferimento del senatore dem sulla ‘foto’ è nel passaggio dell’intervista di Letta quando dice: “Quando sono arrivato ho detto che c’è un problema enorme di presenza femminile nel nostro partito: tre ministri sono uomini, io sono un uomo. Penso che per forza di cose due capogruppo debbano essere due donne. Non possiamo fare una foto di gruppo del vertice del partito e presentare volti di soli maschi. In Europa sono cose che può fare Viktor Orbán in Ungheria o Mateusz Morawiecki in Polonia”.

Il segretario sottolinea che per Delrio e Marucci “non è una bocciatura. Sono fra le figure di maggiore rilievo che abbiamo, hanno lavorato benissimo e potranno tornare utilissimi in altri ruoli. Siamo intorno alla metà della legislatura ed è giusto lasciare spazio a due donne”. Quanto alla scelta, sarà affidata all’autonomia dei gruppi: “Suggerisco che votino e scelgano senza drammi. Non le indico io le capogruppo, le scelgano. Tutti mi hanno votato, quindi non c’è maggioranza e minoranza”.

Dice Cecilia D’Elia: ci sono “molte donne capaci e competenti. Spetta ora ai Gruppi decidere il nome in piena autonomia, oltre ogni logica legata alle correnti”. Eppure tra i parlamentari si ragiona invece su “una scelta complessiva”, ovvero che tenga conto degli equilibri interni pesando i ruoli a Camera e Senato. A Montecitorio il gruppo è articolato tra varie anime dem e le possibilità sono diverse da Paola De Micheli a Debora Serracchiani fino a Alessia Morani e Marianna Madia. Al Senato le cose sono più complicate anche per la presenza corposa di parlamentari di Base Riformista. Nel caso di un cambio, la senatrice di area più riconoscibile sarebbe stata Simona Malpezzi che però è impegnata al governo. C’è poil’ex-ministra Valeria Fedeli, che da alcuni senaotri viene data in pole. Ed ancora Anna Rossomando, che è vicepresidente del Senato e neonominata in segreteria da Letta, vicina ad Andrea Orlando. E infine Roberta Pinotti, figura autorevole, di Areadem di Dario Franceschini.

(AdnKronos)

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