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La Guardia di Finanza di Pordenone ha in corso di esecuzione sequestri preventivi per 1.212.000 di euro nei confronti di una cittadina italiana che svolgeva funzioni di “assistente familiare” a favore di una donna novantunenne (recentemente deceduta) e del figlio di quest’ultima, affetto da disabilità psico-fisica.
Le indagini, condotte dalla Compagnia di Pordenone su delega della Procura alla sede, hanno consentito di preliminarmente rilevare come la lavoratrice, una volta guadagnata la fiducia e la familiarità dei due assistiti, affetti da plurime patologie mediche e  psicologicamente fragili, riusciva a porre in essere, a loro danno, in poco più di dieci mesi, una serie di prelevamenti di denaro contante appropriandosi, anche tramite l’indebito uso di bancomat, complessivamente di 652.000 euro.
I successivi approfondimenti investigativi consentivano di accertare che il denaro illecitamente acquisito veniva, in gran parte, reimpiegato, autonomamente dalla badante, in attività di investimento a proprio beneficio (acquisto titoli e sottoscrizione di polizze assicurative) sempre presso la medesima filiale di un istituto di credito, interponendo, al fine di ostacolare la ricostruzione dei flussi e quindi la provenienza delle liquidità, operazioni allo sportello “fuori conto”, anche nello stesso giorno, di incasso ed emissione di effetti ovvero di versamento/incasso in plurimi libretti di deposito.
Dalle indagini condotte si rilevavano anche responsabilità nei confronti del direttore della filiale dell’istituto di credito presso il quale tali operazioni venivano eseguite, stante che le stesse erano caratterizzate da macroscopiche anomalie, sia dal punto di vista della razionalità economico-gestionale del denaro, sia in relazione alla non conformità ai dettami della normativa antiriciclaggio e dei principi di contabilità interna che l’istituto avrebbe dovuto osservare. Inoltre, escusso in atti, il responsabile della filiale si mostrava anche reticente nel rispondere ai quesiti degli inquirenti.
Oltretutto, veniva accertato che la badante aveva anche tentato di acquistare un immobile di proprietà di uno dei due assistiti, pagandolo con il denaro precedentemente allo stesso sottratto. La compravendita, per fortuna della vittima, non si era perfezionata solo perché lo studio notarile incaricato per le certificazioni, nel compiere gli adempimenti antiriclaggio, si rendeva conto dell’assoluta “incapacità naturale” di uno dei contraenti, rifiutandosi, conseguentemente, di formalizzare il rogito.

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