Caso Ramy, quattro carabinieri indagati per depistaggio
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La Procura di Milano chiude l’inchiesta: accuse pesanti su pressioni ai testimoni per far cancellare i video dell’incidente mortale
La Procura di Milano ha chiuso le indagini preliminari nei confronti di quattro carabinieri coinvolti in uno dei filoni d’inchiesta sulla morte di Ramy, il giovane deceduto in seguito a un incidente stradale mentre era a bordo di uno scooter condotto da un amico. I reati ipotizzati sono gravi: due militari sono accusati di depistaggio e favoreggiamento, mentre gli altri due solo di depistaggio, tutti in relazione alla cancellazione di alcuni video effettuata dai testimoni dell’accaduto.
Le accuse
Secondo l’accusa, i due militari della squadra intervento operativo di Milano, giunti dopo lo schianto, avrebbero costretto un testimone a eliminare dal proprio cellulare nove file video che documentavano gli ultimi istanti di vita di Ramy e le fasi immediatamente successive. Agli altri due carabinieri, coinvolti nel lungo inseguimento terminato all’incrocio tra via Quaranta e via Ripamonti, viene contestato di aver fatto cancellare ulteriori filmati a un secondo testimone, pur essendo consapevoli della rilevanza di quanto ripreso.
Il reato contestato
Il reato contestato è quello di “frode in processo penale e depistaggio” aggravata, previsto dal codice penale per i pubblici ufficiali che, al fine di ostacolare un’indagine o un processo, compiono “artificiose immutazioni della realtà” o rilasciano dichiarazioni false o reticenti. Si tratta di una fattispecie introdotta per contrastare condotte che minano la ricerca della verità da parte della magistratura.
Uno sviluppo inquietante
Il caso Ramy, già al centro di un acceso dibattito per le circostanze dell’inseguimento e la dinamica dell’incidente, si arricchisce così di un nuovo capitolo giudiziario che getta ombre sulle condotte delle forze dell’ordine intervenute sul posto. La parola ora passa alla difesa, che potrà presentare memorie o chiedere nuovi atti prima di una possibile richiesta di rinvio a giudizio.
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(con fonte AdnKronos)
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