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Mentre si continuano a rincorrere le notizie su attacchi nella zona della centrale di Zaporizhzhia e lo scambio di accuse fra Ucraina e Russia sulla responsabilità di tali attacchi, l’Isin (ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) cerca di fare chiarezza sulla situazione nella centrale, per quanto si apprende dalle fonti ufficiali, e su ciò che potrebbe accadere ove gli attacchi continuassero e si intensificassero.

Cosa è accaduto in questi giorni e le correlate conseguenzeStando a quanto dichiarato dall’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, nel comunicato del 9 agosto, vi sono state due azioni belliche che hanno portato, la prima il 5 agosto, a danneggiare la linea di alimentazione elettrica esterna, la seconda, del 6 agosto, parti di edifici nella zona presso la quale è stoccato a secco il combustibile nucleare esaurito. Non sono stati riportati danni ai contenitori del combustibile mentre è risultato danneggiato il sistema di monitoraggio radiometrico della zona. L’Agenzia dichiara che, sulla base di queste informazioni, non vi sono rischi immediati per la sicurezza nucleare.

La situazione continua però a destare molta preoccupazione, in quanto restano compromessi alcuni elementi importanti che contribuiscono ad assicurare il richiesto elevato livello di sicurezza, in particolare: la persistente indisponibilità di parte della rete di alimentazione elettrica esterna; l’impossibilità per il personale di gestire l’impianto in maniera autonoma, vista l’occupazione del sito, compresa l’impossibilità di accedere al centro di gestione delle emergenze sul sito; l’assenza di contatti regolari con l’autorità di regolamentazione competente.

Cosa potrebbe accadere – Le barriere e i sistemi di sicurezza delle centrali, progettati per resistere a eventi di origine antropica e naturale anche gravi, possono aiutare a prevenire eventuali significativi rilasci di radioattività nell’ambiente anche nelle circostanze in cui un atto bellico colpisca e danneggi parti anche vitali della centrale. Per contro, tali danni posso indurre lo sviluppo scenari incidentali più gravi caratterizzati dal danneggiamento del nocciolo del reattore e della struttura di contenimento, con rilasci significativi di radioattività nell’ambiente.

Il Wenra e l’Herca, le associazioni degli enti europei in materia di radioprotezione e sicurezza nucleare, hanno valutato che le loro conseguenze richiederebbero un’evacuazione nel raggio di 20 km e di riparo al chiuso nel raggio di 100 km, pertanto con un impatto significativo per la popolazione Ucraina. Nel caso sarebbe comunque richiesta una modellazione puntuale della dispersione del rilascio radioattivo che tenga conto delle reali condizioni, in particolare meteorologiche. Ciò è ancor più valido per distanze maggiori che interessino i Paesi confinanti.

Va comunque evidenziato che siamo in uno scenario di guerra e che le centrali non sono comunque progettate nell’eventualità di gravi azioni belliche che dovessero colpire e danneggiare seriamente la struttura di contenimento dei reattori ed eventualmente i reattori stessi. In tali circostanze i rilasci di radioattività potrebbero essere superiori ed il raggio d’azione nel quale adottare misure protettive esteso. Di qui l’importanza e la necessità che le azioni belliche nell’area della centrale cessino quanto prima.

Ovviamente, nel caso dell’Italia, in ragione della distanza, fa sapere Isin, non sarebbero da prevedere in tali ipotetiche circostanze misure protettive dirette, ma una modellazione della dispersione atmosferica ed un attento monitoraggio radiometrico.

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