Nato, l’Alleanza si ‘trasforma’: Ucraina, Cina e clima al summit di Madrid
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Tra la “minaccia” russa e la “sfida” cinese, la Nato ‘si trasforma’ per adattarsi a “un mondo più pericoloso e imprevedibile” come ha dimostrato la guerra in Ucraina, che ha rivitalizzato un’Alleanza della quale tre anni fa Emmanuel Macron aveva denunciato la “morte cerebrale” e ha rimesso in moto l’allargamento, con la fine della neutralità di Svezia e Finlandia. Preceduto dalla cena a Palazzo reale offerta ai leader da re Felipe VI, si apre domani a Madrid il vertice della Nato che darà il via libera a un nuovo pacchetto di assistenza all’Ucraina, moltiplicherà “fino a ben oltre 300mila” le forze di reazione rapida (adesso sono 40mila) e approverà il nuovo Concetto strategico, 12 anni dopo l’utlimo.
Un Concetto strategico nel quale la Russia viene indicata come “la minaccia più diretta e significativa” alla sicurezza degli alleati – alla fine di una parabola lunga un decennio iniziata con Mosca “partner strategico” – ed entra per la prima volta anche la Cina, definita “una sfida ai nostri interessi, sicurezza e valori”. Non è un caso che a Madrid siano invitati anche i leader di quattro Paesi dell’Indo pacifico (Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud e Giappone), regione nella quale si è fatta più forte la “competizione strategica” con Pechino.
Ma c’è posto anche per il clima, come sottolineato dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, per il quale i cambiamenti climatici, “dall’Artico al Sahel, sono un moltiplicatore di crisi“. E allora l’Alleanza, per la prima volta, fissa i suoi obiettivi per il clima, “una riduzione del 45% delle emissioni entro il 2030 e zero emissioni nette entro il 2050”, anche nella convinzione, sostiene Stoltenberg, che meno dipendenti saranno dai combustibili fossili “più efficienti e resilienti” saranno le Forze armate dei Paesi alleati.
Ridurre la dipendenza dalle energie fossili significa ridurre la dipendenza dalla Russia, che è la sola responsabile dell’aumento dei prezzi del petrolio e del gas. “Le conseguenze dell’aggressione brutale russa contro una nazione sovrana e indipendente sono riflesse sui mercati dell’energia e dei generi alimentari e il responsabile è il presidente Putin”, denuncia Stoltenberg, ribadendo che “non sono le sanzioni degli alleati ad aver provocato il blocco dell’export del grano ma è la guerra”.
Certo, ammette, “europei ed alleati stanno pagando un prezzo” per le misure che hanno approvato nelle settimane scorse, “ma è un prezzo più basso di quello che pagheremmo se non contrastassimo Putin, è il prezzo per la libertà e per preservare l’ordine internazionale e garantire che Putin capisca la lezione di questa guerra, quella di non utilizzare la forza bruta e l’aggressione”.
Intanto, però, la Nato si ‘riarma’, aumentando a 300mila le forze di reazione rapida, con un occhio particolare al fronte est, dove i battaglioni, attualmente composti da 1-1.500 uomini, diventeranno brigate, quasi triplicando gli effettivi. L’attenzione al fronte est, tuttavia, non distoglie da quella per il fronte sud, cui tiene in particolar modo l’Italia, ma anche Francia e Spagna. “L’approccio è a 360 gradi, non c’è più la contrapposizione fra est e sud – spiegano all’Adnkronos fonti diplomatiche – Tutti i temi di crisi sono collegati tra loro, l’instabilità, il terrorismo, le migrazioni, l’insicurezza alimentare provocata dalla Russia, i cambiamenti climatici”.
Infine l’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia, ‘costrette’ ad abbandonare decenni di neutralità davanti alla minaccia russa. La loro adesione viene ostacolata dalla Turchia, che contesta ai due Paesi nordici il sostegno a organizzazioni curde da Ankara considerate “terroristiche” e chiede impegni “concreti e precisi” a Stoccolma ed Helsinki. Non è detto che a Madrid si sblocchi la situazione – si tratta fino all’ultimo e Stoltenberg non fa “promesse”, ma “lavora intensamente perché si facciano progressi” – ma se così fosse getterebbe un’ombra sul messaggio di unità che si vorrebbe uscisse dal summit.
(AdnKronos)
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