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Le case automobilistiche europee sono pronte a rafforzare gli obiettivi di riduzione di CO2 entro il 2030 ma chiedono ai governi dell’Unione Europea un impegno a realizzare stazioni di ricarica per vetture elettriche e a idrogeno in misura corrispondente al taglio delle emissioni che verranno richieste al settore. Lo sottolinea l’Associazione europea dei costruttori di automobili (Acea) in una nota in cui si chiede all’Ue di collegare chiaramente i target sulle emissioni di carbonio agli obiettivi infrastrutturali nella revisione decisa a dicembre scorso che punta a un taglio delle emissioni complessive del 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990.


In un paper diffuso oggi l’associazione propone una tabella per la definizione dei punti di ricarica necessari a seconda dell’entità pensata per il taglio delle emissioni: così con una ipotesi di taglio delle emissioni del 50% (rispetto ai livelli di CO2 del 1990) servirebbero – alla luce del numero di veicoli elettrificati che dovrebbero essere messi sul mercato – circa 6 milioni di punti di ricarica pubblici e oltre 5 mila pompe di idrogeno.

“Gli enormi investimenti del nostro settore in veicoli a propulsione alternativa stanno dando i loro frutti, ma questo processo può essere sostenuto solo se i governi avviano investimenti coordinati sul fronte infrastrutture”, ha detto in un comunicato Oliver Zipse, presidente di Acea e numero uno di Bmw, aggiungendo che la definizione di “qualsiasi nuovo obiettivo di CO2 per il 2030 per le auto deve essere subordinato a un corrispondente aumento delle infrastrutture”.

‘Fino al 2025 nessun intervento per auto e furgoni, valutare specificità veicoli commerciali’

Acea ha confermato l’impegno dei costruttori ad essere ‘carbon neutral’ entro il 2050 mentre gli obiettivi di CO2 per il 2030 dovrebbero essere insomma basati sulla condizionalità e accompagnati da modalità adeguate che ne consentano il raggiungimento. La revisione dei livelli di emissioni – spiegano – “dovrebbe essere usata come un’opportunità per migliorare significativamente i sistemi per il monitoraggio della CO2, le eco-innovazioni e le disposizioni in materia di pooling”. I costruttori chiedono di non intervenire sui target di emissione per il 2025 per auto e furgoni, mentre per il futuro qualsiasi proposta “dovrebbe tenere conto delle specificità dei veicoli commerciali”.

Acea ritiene che fissare obiettivi di emissioni oltre il 2030 “potrebbe fornire stabilità a lungo termine per l’industria automobilistica, ma richiederebbe discussioni più approfondite e dipenderebbe da una serie di condizioni che devono essere fornite e fissate simultaneamente” in diversi atti legislativi e che comunque devono precedere “una ben definita clausola di revisione”.

L’associazione chiede poi di “adottare misure a livello nazionale e UE per sostenere il miglioramento e la riqualificazione della forza lavoro automobilistica così da mitigare le conseguenze negative della transizione”. Inoltre si chiede di destinare le sanzioni pecuniarie per il mancato rispetto degli obiettivi di CO2 “a sostenere la transizione del settore verso la mobilità a emissioni zero”. Infine, si domanda una revisione delle norme UE sugli aiuti di Stato “per consentire la ristrutturazione e il finanziamento dell’ulteriore sviluppo del settore”.

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