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Cassonetti di nuovo colmi al punto da diventare delle vere e proprie mini discariche e un sistema, quello dei rifiuti, che a Roma è di nuovo al collasso. Ma cosa sta succedendo? Dopo la chiusura della discarica di Malagrotta, dopo la parziale chiusura degli impianti di trattamento meccanico biologico dell’indifferenziato, e in assenza di impianti di riciclo, la Capitale deve periodicamente contrattare con le altre Regioni l’invio dei propri rifiuti da smaltire. E ora siamo nell’ennesima fase di passaggio tra una Regione e l’altra. Nel frattempo, non sapendo dove portare i rifiuti, si diminuisce la frequenza di raccolta turnando tra quartieri e municipi e la spazzatura resta sui camion o per strada.

Per uscire da questa situazione, e smettere di essere dipendenti dagli accordi con le Regioni o dall’estero, Roma (che produce oltre 4mila tonnellate di rifiuti al giorno) dovrebbe realizzare una buona parte dei suoi impianti per essere in grado di trattare e smaltire gran parte dei rifiuti sul proprio territorio.

Chicco Testa: “Tutti colpevoli”

Per Chicco Testa, presidente Fise Assoambiente, l’ennesima emergenza rifiuti a Roma “conferma due punti critici, da tempo evidenziati. Primo, la carenza di impianti: ci sono centinaia di tonnellate di rifiuti che non si sa dove mettere e quindi rimangono o nei depositi sui camion o per strada. Secondo: la situazione critica dell’Ama di cui questo accordo sindacale confuso per non dire stupefacente dimostra lo stato di difficoltà e crisi che ormai dura da anni” e la colpa “è di tutti: Regione, Comune e Ama. Nessuno è innocente”. Responsabilità, quindi, della Regione perché “il piano regionale è basato su premesse false – sottolinea Testa – la prima, che la quantità di rifiuti si riduca del 10% da qui al 2025, cosa che non avverrà; la seconda, che la raccolta differenziata passi dal 50 al 70% nel 2025. Sono stime false che cercano di dire che gli impianti che servono a Roma sono meno di quelli che servono veramente. I rifiuti non si fanno sparire con i numeri”. Da parte sua “il comune non riesce a implementare nulla, o almeno non c’è riuscito fino ad oggi, adesso vedremo” e poi c’è l’Ama, “un’azienda priva di capacità e incapace di reagire, su cui rimettere mano profondamente. Un’azienda irriformabile dall’interno: Gualtieri ci proverà e sarà l’ennesima disillusione. Bisogna cambiare registro, per esempio mettendo a gara lo spazzamento di parti della città almeno per creare un po’ di concorrenza”.

Legambiente: “Gualtieri deve mettere seriamente mano all’Ama”

Sulla questione Ama e impianti interviene anche Legambiente. “Gualtieri – dice il presidente nazionale Stefano Ciafani – deve mettere mano all’azienda: Ama non è in grado di mettere in campo le politiche europee sull’economia circolare. Deve mettere mano seriamente sull’azienda, come non ha mai fatto nessuno negli ultimi 30 anni, 20 anni dei quali governati dal centro sinistra. Lo staff di Ama deve avere competenze, e non ne ha molte, l’azienda deve essere efficiente, efficace ed economica, e non è né efficiente, né efficace, né economica. E’ arrivato il momento che la politica romana si interessi dei veri problemi di Ama”.

Se Ama non ha gli impianti è perché, denuncia Ciafani, “negli anni 90 un patto non scritto con Cerroni, proprietario della discarica di Malagrotta, da una parte garantiva prezzi di conferimento molto bassi (50 euro a tonnellata) a fronte di grandi quantità di rifiuti da portare in discarica (circa il 70-80% dei rifiuti romani), dall’altra la condizione era che Ama non facesse gli impianti. Se queste sono le colpe del centrosinistra romano, la Raggi ne ha altre: ha smontato i progetti di digestione anaerobica per produrre biometano che aveva messo in piedi Marino e ha fatto progettare ad Ama due impianti di compostaggio aerobico nella zona nord-est di Roma. Gualtieri ora deve riparare a questo doppio errore: far realizzare gli impianti ad Ama e adoperarsi chiedendo subito alla Regione Lazio di autorizzare gli impianti anaerobici in corso di valutazione. Poi bisogna realizzare anche altri impianti perché Roma ha circa 500mila tonnellate l’anno di rifiuti organici che potrebbero essere intercettati con la differenziata”.

Il nodo degli impianti

Per quanto riguarda gli impianti, il nodo è autorizzativo. Per realizzare un impianto, spiega Chicco Testa, “i tempi di costruzione vanno dai 18 ai 24 mesi, tre anni nel caso di impianti molto complessi, ma se poi ce ne vogliono sette per autorizzarli…”. E nel frattempo, “saremo sempre in crisi, dobbiamo sperare nel buon cuore delle altre Regioni o dell’estero”. Quali impianti servono? “Tutti: discariche, almeno un altro termocombustore nel Lazio, e servono impianti per il trattamento della frazione umida”.

L’opportunità del Pnrr

In queste settimane sono aperti i termini del bando del Mite per spendere 1,5 miliardi di euro del Pnrr sugli impianti di economia circolare, il 60% dei quali destinati al centro sud. “Gualtieri – dice il presidente di Legambiente Ciafani – che conosce bene il Pnrr, deve spingere affinché Ama presenti anche altri progetti utilizzando le risorse del Pnrr. Da qui a un anno, massimo due, si devono togliere dalle strade i cassonetti spingendo la differenziata a domicilio, tornando indietro sulla decisione Raggi”.

Ecomafia 2021, Roma Capitale della mala gestione dei rifiuti

Secondo l’ultima edizione del dossier Ecomafia di Legambiente, è nel ciclo dei rifiuti e dello smaltimento illecito che il Lazio ha i peggiori dati: 736 illeciti legati allo smaltimento dei rifiuti accertati nel 2020, 942 denunce, 36 arresti e 391 sequestri. Dati con i quali il Lazio si piazza in seconda posizione dopo la Campania per reati nel ciclo dei rifiuti (era al terzo posto nell’edizione 2020 del dossier). Tra le province, quella di Roma continua ed essere tra le peggiori sui rifiuti, e se lo scorso anno era la terza peggior provincia, quest’anno sale al secondo posto assoluto con 418 reati. Legambiente Lazio ha mappato e denunciato la presenza di circa 1.000 discariche nella Capitale, cui si aggiungono segnalazioni di nuove discariche nella città e nel suo hinterland, soprattutto nelle aree verdi.

di Stefania Marignetti

(AdnKronos)

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