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Goodbye Russia, a presto. Anche se probabilmente è solo un arrivederci la decisione dei maggiori player del lusso di chiudere i propri store russi, a seguito dell’intensificarsi della guerra in Ucraina, avrà un impatto significativo sul settore del luxury. Secondo gli analisti di Bain&Company i consumatori russi pesano oggi sul mercato mondiale dei beni di lusso per circa il 2-3%, con un’incidenza simile anche sul segmento dei beni di lusso personali (accessori, abbigliamento, hardluxury e beauty) e l’impatto del conflitto sul mercato globale del lusso, sarà legato principalmente alla sua durata e alle conseguenze economico-finanziarie.

Tra chi ha deciso di abbassare la saracinesca delle sue 124 boutique russe spiccano Lvmh, colosso francese del lusso da 64,2 miliardi di euro di fatturato, guidato da Bernard Arnault (cui fanno capo, tra gli altri Louis Vuitton, Fendi e Dior) e Kering, il gruppo di proprietà di François Pinault che vanta tra i brand di punta griffe come Gucci, Bottega Veneta e Balenciaga. E non finisce qui. A optare per la serrata temporanea dei propri negozi in territorio russo anche il gruppo svizzero Richemont, che detiene, tra le altre, etichette come Baume & Mercier, Buccellati, Azzedine Alaïa,Van Cleef & Arpels ma anche Cartier ed Hermès e Chanel, “preoccupati per la situazione”. Una decisione che segue quella di Nike e Asos, che hanno sospeso l’export verso la Russia e stoppato le vendite online, e quella di big del fast fashion come H&M e il gruppo Inditex (che ha nel portafoglio Zara, Bershka, Pull&Bear) che ha “sospeso tutte le attività in Russia” dei suoi 502 negozi, oltre all’e-commerce. La stretta era stata annunciata e fortemente voluta dalle riviste ‘Vogue Ukraine’ e ‘L’Officiel Ukraine’ che avevano invitato i grandi nomi della moda e del lusso a cessare immediatamente ogni sorta di cooperazione con la Russia.

“Sulla base degli elementi ad oggi disponibili – spiega Claudia D’Arpizio, senior partner and global head of Fashion & Luxury Bain&Company – pur considerando che gli eventi evolvono rapidamente e che la situazione rimane significativamente incerta, fattori che rendono le previsioni complesse e necessario un monitoraggio costate – stimiamo innanzitutto un impatto più probabile, immediato e rilevante sulla spesa personale russa di lusso a livello locale, spinta dalla svalutazione della valuta locale e dalle restrizioni in atto. Anche la spesa russa all’estero (principalmente diretta verso l’Europa occidentale) sarà drasticamente ridotta finché sarà in vigore la chiusura dello spazio aereo europeo alle compagnie aeree civili russe”.

Spostandoci al di fuori della Russia, segnala invece Federica Levato, partner Bain&Company e Leader Emea Fashion Luxury Practice un potenziale impatto è previsto anche su Europa e Stati Uniti, “nel caso in cui l’attuale crisi si intensificasse (e/o persistesse nel tempo) portando a conseguenze economiche e finanziarie più gravi”. Ulteriori aumenti dei prezzi dell’energia potrebbero potenzialmente avere un impatto sulla crescita del Pil dei paesi europei, minando tra le altre cose la fiducia dei consumatori locali di lusso, con una conseguente una riduzione della spesa discrezionale dei consumatori europei. L’Europa occidentale potrebbe anche assistere a una contrazione dei flussi turistici (nel breve termine dagli Stati Uniti), nel caso in cui il Vecchio Continente venga percepito meno sicuro perché vicino al teatro dei conflitti. “Se la crisi dovesse persistere – conclude D’Arpizio – anche la stabilità finanziaria globale potrebbe essere colpita, con una maggiore volatilità delle borse. La fiducia dei consumatori americani (altamente legata alle fluttuazioni del mercato azionario) potrebbe potenzialmente contrarsi, incidendo sulla loro spesa per il lusso”.

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin rischia di avere ripercussioni anche per l’export italiano. Stando a quanto spiega all’Adnkronos Carlo Capasa, presidente della Camera nazionale della moda italiana, l’export verso la Russia dell’intero comparto produttivo moda nel 2021 ammontava a 1,4 miliardi, di cui circa la metà abbigliamento, il resto accessori. A questi andrebbero aggiunti circa 250/300 milioni di acquisti di turisti russi effettuati nei retail italiani. “Il mercato russo rappresenta in tempi normali per la moda italiana circa il 2% delle esportazioni” sottolinea Capasa. (di Federica Mochi)

(AdnKronos)

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