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Roma, 1 feb. – (Adnkronos)

Dalle Alpi agli Appennini, le storie che riguardano lupi e orsi dividono l’opinione pubblica. Ma la presenza di questi grandi carnivori non è incompatibile con le attività antropiche ed è possibile trovare un giusto equilibrio tra l’uomo e questi animali. Il tema è il nuovo focus della campagna Unfakenews di Legambiente e Nuova Ecologia che punta a fare chiarezza e sfatare alcuni miti


Lupi e orsi sono pericolosi? In Europa, il lupo non è considerato una specie pericolosa per gli esseri umani. Secoli di difficile convivenza con l’uomo ne hanno plasmato il comportamento e, se può, evita l’uomo. Non esistono casi documentati, dal dopoguerra ad oggi, di attacchi di lupo all’uomo, ad eccezione di quello recente di un esemplare problematico perché sottratto sin da cucciolo alla sua vita naturale.

Anche per l’orso bruno (tanto per quello presente sulle Alpi quanto per quello che vive sull’Appennino) l’uomo non rappresenta una preda (nonostante sia considerato un grande carnivoro, l’orso bruno è a tutti gli effetti un ‘onnivoro opportunista’), né l’obiettivo di una immotivata aggressività. Certo, incontri ravvicinati sono stati più volte documentati, ma in nessun caso sull’Appennino sono state raccolte evidenze o atteggiamenti di aggressione, mentre sulle Alpi l’unico caso di atteggiamento ostile verso gli umani è legato al disturbo provocato da un cane domestico.


Il lupo mangia le pecore? Il lupo preferisce le prede selvatiche e se possibile trova il cibo senza avvicinarsi all’uomo e alle strutture zootecniche; tuttavia, con la sua grande capacità adattativa e il suo opportunismo, può rivolgersi a prede più facili, causando danni agli allevamenti, ma ciò si verifica soltanto dove è stata persa la pratica della custodia dei capi al pascolo. Le predazioni agli allevamenti non possono comunque essere sottovalutate. Ci sono molti casi di allevatori, che con un’opportuna custodia e con la ripresa delle pratiche tradizionali di montagna, non hanno subito danni al bestiame in zone densamente popolate di lupi.

Gli enti preposti alla tutela del lupo e quelli impegnati nello sviluppo rurale hanno l’importante compito di garantire le condizioni per il mantenimento dei normali equilibri naturali che assicurano una corretta gestione delle prede selvatiche del lupo e, in secondo luogo, di favorire la messa a regime di metodi di prevenzione del danno che non siano basati su criteri generalisti ma che siano opportunamente calibrati sulle caratteristiche dei singoli territori e, di più, addirittura “azienda specifici”, ovvero pensati e condivisi con gli allevatori.


Lupi e orsi si stanno riproducendo in maniera incontrollata? In Italia il lupo non è mai scomparso, anche se ha subito nella prima parte del 900 una forte riduzione. Non è mai stato catturato per essere poi liberato in altro luogo a scopo di ripopolamento; la sua espansione è frutto di dinamiche naturali, dell’incremento numerico, della diffusione delle sue prede selvatiche e delle politiche di conservazione intraprese a sua tutela.

Il numero di lupi e di orsi non crescerà in modo esponenziale su scala locale; è la natura stessa a non permetterlo. I grandi predatori, infatti, occupano il vertice della catena alimentare. Per questo, se diventassero troppo numerosi finirebbero per ridurre in maniera eccessiva le prede a loro disposizione, minacciando la propria sopravvivenza.


A caccia di lupi e orsi. Il lupo e l’orso bruno sono specie non cacciabili e particolarmente protette dalla normativa italiana, tutelate da direttive comunitarie e convenzioni internazionali. Non è vero, quindi, che la caccia a queste due specie sia stata riaperta dopo i recenti avvenimenti in Trentino con l’orso bruno e le predazioni sugli Appennini attribuite al lupo. Per l’orso bruno, in Trentino, sono state solo emanate ordinanze di rimozione per casi puntuali (tramite riduzione in cattività o abbattimento), peraltro molto contestate.

Quello che invece è vero, è che “ogni anno nel nostro Paese sono ritrovati tra i 200 e i 300 lupi morti (su una popolazione stimata in oltre 2000 individui, in attesa dei risultati del nuovo monitoraggio in corso), per cause diverse: bracconaggio, avvelenamento, incidenti stradali o, anche, gesti clamorosi e violenti che devono essere contrastati con modelli di coesistenza che sono non solo possibili, ma necessari”, commenta Antonio Nicoletti, responsabile Aree protette di Legambiente.

“Anche rispetto alla conservazione dell’orso persiste una forte emotività nell’opinione pubblica che, attraverso comportamenti non sempre razionali, induce spesso i decisori politici a mettere in atto interventi sbagliati e, con particolare riguardo alla popolazione alpina, anche illegittimi dal punto di vista giuridico”, conclude Nicoletti.

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