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“Stiamo ricevendo istanze a seguito del conflitto in Ucraina. La Corte ha emesso quelle che chiamiamo ‘misure provvisorie’, che sono provvedimenti cautelari volti a indicare al governo russo, ad esempio, di non attaccare i civili. Ma non si può affermare che in questa fase la Corte abbia ricevuto informazioni sufficienti per poterne discutere; è prematuro. Quindi non c’è nulla che io possa dire sulle fonti di prova o sulla documentazione: la Corte non si è ancora pronunciata in relazione a ciò che sta accadendo”. Robert Spano, presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo, parla con l’Adnkronos del conflitto in Ucraina e delle ripercussioni sull’attività della Corte anche a seguito dell’uscita della Russia dal Consiglio d’Europa.

Spano spiega: “Il principio generale è che tutti gli atti che potenzialmente siano suscettibili di essere attribuiti alla Federazione russa, e quindi anche in rapporto alla situazione di conflitto in Ucraina, possono essere presupposto di ricorso alla Corte, se commessi fino al 16 settembre. Ma la Corte impiegherà diversi mesi o anni prima di potersi esprimere con sentenze”. La data del 16 settembre si desume dall’articolo 58 della Convenzione, che prevede un periodo di sei mesi di mantenimento della giurisdizione sul Paese uscito dal sistema di protezione. “La situazione è dunque nel senso che la Russia cessa di avere diritti o obblighi ai sensi della Convenzione europea per gli atti compiuti dopo il 16 settembre. I cittadini russi potranno comunque presentare ricorso contro altri Stati appartenenti alla Convenzione anche per atti successivi al 16 settembre, perché la Convenzione non esclude nessuno dalla possibilità di presentare ricorso contro gli Stati membri, indipendentemente dalla cittadinanza dei ricorrenti”.

Al di là di specifici crimini di guerra, gli sfollati e i cittadini ucraini in genere si trovano in una situazione di grave vulnerabilità. Sarà possibile ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo sulla base di questo stato di generale vulnerabilità? “Certamente chi vive la guerra è in una posizione estremamente vulnerabile – risponde il presidente della Corte – Ma la vulnerabilità è qualcosa che nella giurisprudenza non abbiamo definito esaustivamente, si tratta di una nozione di ‘contesto’, difficilmente predeterminabile da un punto di vista generale. Sarei sorpreso se la Corte si spingesse a cercare di farlo. Penso piuttosto che il concetto si svilupperà in base all’esame dei nuovi casi che arriveranno alla Corte, da cui sarà possibile trarre poi inferenze”, conclude.

(di Roberta Lanzara – AdnKronos)

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