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La forza dello tsunami Covid-19 potrebbe lasciarsi alle spalle una situazione che “riporta l’Italia indietro di 20 anni”. Già per paura del contagio e ricoveri mancati la mortalità per infarto “è triplicata” nella fase clou dell’emergenza coronavirus, secondo uno studio multicentrico nazionale. “Se la rete cardiologica non sarà ripristinata, ora che è passata questa prima fase, avremo più morti per infarto che di Covid-19”. E’ il monito lanciato da Ciro Indolfi, ordinario di Cardiologia all’università Magna Graecia di Catanzaro, a seguito di uno studio multicentrico nazionale, condotto in 54 ospedali, per valutare i pazienti acuti ricoverati nelle Unità di terapia intensiva coronarica (Utic), nella settimana 12-19 marzo, durante la pandemia di Covid-19, confrontando la mortalità con quella dello stesso periodo dello scorso anno.

“L’attenzione della sanità su Covid-19 e la paura del contagio rischiano di vanificare i risultati ottenuti in Italia con le terapie più innovative per l’infarto e gli sforzi per la prevenzione degli ultimi 20 anni – incalza l’esperto – L’organizzazione degli ospedali e del 118 in questa fase è stata dedicata quasi esclusivamente a Covid-19 e molti reparti cardiologici sono stati utilizzati per i malati infettivi. Inoltre, per timore del contagio i pazienti ritardano l’accesso al pronto soccorso e arrivano in ospedale in condizioni sempre più gravi, spesso con complicazioni aritmiche o funzionali, che rendono molto meno efficaci le terapie che hanno dimostrato di essere salvavita come l’angioplastica primaria. Se questa tendenza dovesse persistere e la rete cardiologica non sarà ripristinata”, l’aumento delle morti per infarto continuerà, conclude il presidente Sic invitando a non abbassare la guardia sulle malattie cardiovascolari, responsabili di circa 260mila decessi ogni anno.

 

 

(AdnKronos)

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