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Scienza e Ricerca

Astrofisica, nuova scoperta sui buchi neri

Nuova scoperta sui buchi neri, corpi celesti con un campo gravitazionale così intenso – ovvero, una regione dello spaziotempo con una curvatura talmente grande – che dal suo interno non può uscire nulla, nemmeno la luce. Un team internazionale di scienziati, a cui partecipano anche i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, ha utilizzato nuove osservazioni a lunghezze d’onda millimetriche per ‘fotografare’ per la prima volta la struttura ad anello che rivela la materia che cade nel buco nero centrale, insieme al potente getto relativistico, nella prominente radiogalassia Messier 87 (M87).

L’Inaf riferisce che le immagini mostrano l’origine del getto e il flusso di accrescimento vicino al buco nero supermassiccio centrale. Le nuove osservazioni sono state ottenute con il Global Millimeter Vlbi Array (Gmva), integrato dall’Atacama Large Millimeter/submillimetre Array (Alma) e dal Greenland Telescope (Glt). L’aggiunta di questi due osservatori ha notevolmente migliorato le capacità di imaging del Gmva. I risultati sono pubblicati sulla rivista scientifica Nature.

Gabriele Giovannini e Marcello Giroletti, dell’Inaf di Bologna – tra gli autori dello studio – raccontano: “Il buco nero al centro della galassia M87 è ben noto essendo il primo di cui è stata ottenuta una immagine (dal team dell’Event Horizon Telescope Eht). Noi lo abbiamo osservato con alta sensibilità ad una lunghezza d’onda leggermente più grande (3,5 mm) e quindi più adatta a rivelare le strutture più estese della sorgente. Le immagini hanno infatti mostrato che la struttura ad anello intorno al buco nero è più estesa di quanto si credeva e che questo anello è collegato al getto relativistico visto in M87. Per la prima volta vediamo quindi il collegamento tra la materia che circonda il buco nero e la base del getto relativistico”.

Lo scienziato Rusen Lu dell’Osservatorio astronomico di Shanghai, e leader del Max Planck Institute di Bonn partner group presso l’Accademia cinese delle scienze, primo autore di questa scoperta, commenta che “in precedenza, avevamo visto sia il buco nero che il getto in immagini separate. Ora è come se avessimo scattato una foto panoramica del buco nero insieme al suo getto a una nuova lunghezza d’onda”. Si pensa che il materiale circostante cada nel buco nero in un processo noto come accrescimento, da cui ha origine il getto ma nessuno aveva mai visto direttamente l’origine del getto.

La partecipazione di Alma e Glt alle osservazioni del Gmva e il conseguente aumento della risoluzione e della sensibilità di questa rete intercontinentale di telescopi ha reso possibile, per la prima volta, l’immagine della struttura ad anello in M87 alla lunghezza d’onda di 3,5 mm. I ricercatori sottolineano che il diametro dell’anello misurato dal Gmva è di 64 microsecondi d’arco, corrispondenti alle dimensioni di un piccolo anello luminoso (13 cm) visto da un astronauta sulla Luna che guarda la Terra.

Questo diametro, aggiungono gli scienziati, è del 50% più grande di quanto osservato dall’Event Horizon Telescope alla lunghezza d’onda di 1,3 mm, in accordo con le previsioni per l’emissione del plasma relativistico in questa regione. Gli studiosi spiegano che l’emissione da questa regione di M87 è prodotta dall’interazione tra elettroni altamente energetici e campi magnetici, un fenomeno chiamato radiazione di sincrotrone. “Le nuove osservazioni, a una lunghezza d’onda di 3,5 millimetri, rivelano maggiori dettagli sulla presenza e l’energia di questi elettroni. Ci dicono anche qualcosa sulle proprietà del buco nero, in particolare che non è molto ‘affamato’. Cosa vuol dire? Consuma materia a bassa velocità, convertendo solo una piccola frazione di essa in radiazioni”.

Gli scienziati sottolineano inoltre che “i buchi neri sono la miglior macchina che conosciamo in grado di trasformare materia – la materia dell’anello – in energia (il getto relativistico espulso)”. L’Inaf assicura che gli studi per saperne di più su Messier 87 non finiscono qui: ulteriori osservazioni e una flotta di potenti telescopi continueranno a svelarne i segreti. I radiotelescopi Inaf – Medicina, Noto, Sardinia Radio Telescope – una volta completato il loro potenziamento attualmente in corso, saranno in grado di collaborare a queste osservazioni a 3,5 mm aumentandone ulteriormente la qualità, conclude l’Istituto Nazionale di Astrofisica.

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