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L’anno zero del M5S prende forma alle 14.12 di un lunedì di calma apparente, quando un lancio dell’Adnkronos, che rimbalza alla velocità della luce sui cellulari dei vertici ma anche di deputati e senatori, annuncia che un’ordinanza del Tribunale di Napoli ha sospeso, in via cautelare, le due delibere che ridisegnavano il volto del M5S, dotandolo di un nuovo statuto e incoronando Giuseppe Conte leader del Movimento. Una nuova udienza è prevista il 1 marzo ma tra le truppe grilline cala il gelo, perché è l’ennesima tegola che arriva dopo giorni durissimi, quelli in cui è andato in scena lo scontro, stavolta a viso aperto, tra l’ex presidente del Consiglio e Luigi Di Maio. L’ordinanza di Napoli azzera tutti gli organismi apicali, quelli ridisegnati da Conte con cura, per dare il via al Movimento 2.0 che, tra fibrillazioni interne e grane giuridiche, fatica a ingranare la marcia e a decollare.

Il M5S si trova all’anno zero con l’azzeramento delle sue cariche. Unica via di uscita, la costituzione del Comitato direttivo. Altre fughe in avanti, insistendo con le procedure già annullate dal Tribunale, rischiano di porre il M5S su un binario morto. In questo momento la guida non c’è, il M5S è stato totalmente decapitato“, dice all’Adnkronos Lorenzo Borrè, l’avvocato che popola da sempre gli incubi del M5S, colui che ha dato vita ai primi ricorsi degli espulsi del Movimento, costringendo Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio a riscrivere più e più volte le regole che costituiscono l’ossatura del Movimento.

Per Borrè l’unico che può consentire al M5S di uscire dal pantano è Beppe Grillo (che non ha in programma una ‘sortita’ romana nei prossimi giorni), ma con una strada obbligata e che metterebbe fuori gioco Conte e la sua leadership: “indire il voto per il Comitato direttivo”, l’organo a 5 punte che era stato chiesto a gran voce dagli Stati generali e votato sulla piattaforma Rousseau. Che, come per magia, esce dalla pronuncia del Tribunale di Napoli ri-legittimata: nulla vieta che il voto passi dagli uffici milanesi ora guidati da Davide Casaleggio, il figlio di Gianroberto. Conte studia le contromosse, a casa sua arrivano il legale del Movimento, Francesco Astone, il notaio, l’ex capo politico reggente Vito Crimi e il fedelissimo Rocco Casalino. Lasciando la sua abitazione per raggiungere gli studi di La7, l’ex premier rivendica la sua leadership, che non dipende certo “dalle carte bollate” ma dalla “condivisione di principi e valori”.

Il suo legale, parlando con l’Adnkronos, spiega che a giorni si terrà una nuova assemblea per sottoporre al voto degli iscritti alcune modifiche statutarie, quelle necessarie per accedere al 2 per mille, e sarà quella l’occasione per ripetere il voto oggi contestato dal Tribunale di Napoli, stavolta coinvolgendo anche gli iscritti con meno di sei mesi di anzianità, il ‘cavillo’ giuridico che ha portato il giudice Gian Piero Scoppa a sospendere le due delibere dell’agosto scorso, mettendo fuori gioco Conte e il neo statuto.

“Torneremo a Napoli il primo marzo e chiederemo al giudice di merito di pronunciarsi. Tra 20 giorni saremo lì e naturalmente pensiamo, crediamo fermamente, che il ricorso verrà respinto”, si dice convinto Astone. “La ragione che ha portato alla sospensione” delle due delibere, dunque anche della guida di Conte da leader del Movimento, “è una ragione tecnica che non afferisce al risultato: il risultato rimasto lo stesso. Anche se gli esclusi” perché iscritti da meno di sei mesi “avessero votato, il risultato non sarebbe cambiato”, decretando, a detta di Astone, l’incoronazione di Conte a presidente. “Siamo pertanto convinti che Conte sarà riconfermato”, dice l’avvocato guardando all’assemblea che verrà convocata nei prossimi giorni.

Secondo Borrè, Conte e i suoi legali la fanno semplice, ma rischiano di tornare a sbattere su quegli scogli evocati, in queste ore, dall’Associazione Rousseau, che gongola per lo stop arrivato dal Tribunale. “Conte persevera nell’errore – ribadisce infatti Borrè all’Adnkronos – e Conrad ne ‘I duellanti’ ricorda che in battaglia non ci si deve mai trincerare dietro un errore. Il collega attualmente non ha più poteri decisionali e non può dettare soluzioni, almeno non con maggiori facoltà di un qualsiasi altro associato. Ma soprattutto non può prescindere dai paletti procedurali dello statuto nella versione ante agostana. Mi sorprende poi il richiamo ad una pretesa prassi contrastante con la lettera dello statuto, come se un eventuale errore ne legittimasse uno successivo analogo”. E via social arriva anche il commento di Alessandro Di Battista, che laconicamente scrive: “Se solo Gianroberto potesse scendere giù per un paio d’ore…”.

(di Ileana Sciarra e Antonio Atte – AdnKronos)

 

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