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Una reazione avversa alla prima dose di vaccino anti-Covid potrebbe essere collegata a 23 decessi, registrati tra pazienti anziani e fragili in case di cura della Norvegia. E’ quanto si legge in una nota diffusa dall’Agenzia norvegese del farmaco (Norwegian Medicines Agency, NoMa).

“La valutazione condotta suggerisce che reazioni avverse comuni ai vaccini a mRna, come febbre e nausea, possono avere contribuito a un esito fatale in alcuni pazienti fragili”, afferma Sigurd Hortemo, medico capo della NoMa.

Secondo l’ente regolatore, gli studi sul vaccino Comirnaty di Pfizer/BioNTech hanno incluso pochi over 85 e non hanno coinvolto pazienti instabili o con malattie in fase acuta. Dal V-Day del 27 dicembre scorso, oltre 25mila norvegesi sono stati vaccinati contro il coronavirus Sars-CoV-2.

Le segnalazioni di sospette reazioni avverse, compresa la morte, vengono ricevute quotidianamente e progressivamente valutate sia dalla NoMa sia dall’Istituto nazionale di sanità pubblica (Niph), prosegue la nota.

Dopo l’esecuzione di 13 autopsie dei deceduti, il Niph ha aggiornato le linee guida per la vaccinazione contro Covid-19, fornendo indicazioni più dettagliate sulla profilassi degli anziani fragili. “Per i pazienti più gravi anche gli effetti collaterali relativamente lievi del vaccino possono avere gravi conseguenze”, evidenzia infatti l’Istituto, secondo cui “per coloro che hanno comunque un’aspettativa di vita residua molto breve il beneficio del vaccino può essere marginale o irrilevante”.

“Nelle case di cura norvegesi muoiono circa 400 persone a settimana – dichiara Steinar Madsen, direttore medico NoMa – Tutti i decessi che si verificano in un periodo che potrebbe giustificare un legame con la vaccinazione vengono valutati attentamente e non vi è alcuna indicazione che il vaccino causi la morte”, tiene a puntualizzare. “I medici devono valutare attentamente chi dovrebbe essere vaccinato – raccomanda l’esperto – I pazienti molto fragili e in fine possono essere vaccinati dopo una valutazione individuale”.

Non crede alla correlazione Morte/Vaccino il prof. Clemente

Proprio gli anziani fragili devono essere protetti di più con il vaccino anti-Covid. Il dato dei 23 morti segnalati dalla Norvegia”, proprio tra pazienti anziani di case di cura del Paese che erano stati sottoposti a vaccinazione, “mi sembra strano. E’ singolare che si sia verificato solo in Norvegia e che nel resto del mondo non vi sia nessuna segnalazione di questo tipo e di questa entità”. A spiegarlo all’Adnkronos Salute è Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano, e docente nello stesso Ateneo che commenta così la segnalazione arrivata dalla Norvegia sui decessi post vaccino nelle case di cura.
“Non credo siano correlati alla vaccinazione – ipotizza Clementi – Ci sono stati anche in Italia episodi analoghi. Vennero segnalati alcuni decessi dopo la vaccinazione antinfluenzale e fu addirittura bloccata la fornitura di quei lotti di vaccino utilizzato. Poi si accertò che le morti non erano collegate. Vedremo quali saranno le conclusioni in questo caso. Ma risulta strano che un dato simile arrivi da un singolo Paese e ritengo plausibile che si arrivi ad appurare che non c’è un collegamento” con l’iniezione scudo.

IPOTESI LOCKDOWN – “Vedrei male un nuovo lockdown duro. Perché secondo me non ce n’è bisogno, né sarebbe utile in questo momento visti i risultati delle misure prese finora. L’andamento dell’epidemia di Sars-CoV-2 è abbastanza indipendente dalla rigorosità delle misure, si è visto in questi ultimi tempi. Poi ognuno ha ovviamente le sue idee. Ma io ritengo che i lockdown abbiano anche una valenza diversa: delle implicazioni politiche, sociali, scolastiche e di altra natura che non sono in grado di definire completamente. Però ritengo che l’impatto sia pesante. Se vogliamo arrivare a una rottura sociale, forse questa è la strada giusta”.

Interpellato dall’Adnkronos Salute, il virologo si esprime in relazione al dibattito in corso in questi giorni fra gli esperti. Sul tavolo la sfida di spianare la strada al lontano traguardo dell’immunità di gregge tenendo bassa la circolazione del virus. Un’impresa complicata che spinge alcuni a prospettare l’opportunità di nuovi blocchi temporanei. “Io però – osserva Clementi – non vedo indicatori preoccupanti in questo momento. Tutto può accadere, va precisato. Ma mi sembra ci sia un relativo controllo della situazione in Italia”.

Per l’esperto “non è tanto questo che dovremmo guardare, quanto il trend della vaccinazione. Il fatto che Israele ieri abbia evidenziato di aver avuto un beneficio nella curva epidemica dal fatto di aver raggiunto il 23% della popolazione vaccinata vuol dire molto. Ci lascia intravedere cosa potrebbe accadere da noi se continuiamo a vaccinare con un buon trend”.

VACCINAZIONE IN ITALIA – “Mi sembra che stiamo passando dalla fase della vaccinazione anti Covid prioritaria agli operatori sanitari a una maggiore territorialità del vaccino e infatti si sta provvedendo a immunizzare per esempio le Rsa. Bisogna andare avanti, cominciare gradualmente a scendere. Ora viene il difficile: quando bisognerà coinvolgere la popolazione generale e chiamare le persone per fasce d’età. Auspicabilmente, si deve cercare di arrivare agli over 50 e vaccinarli tutti prima dell’estate”.

Il direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano, e docente nello stesso Ateneo, è ottimista: “Si può fare, se si vuole”, assicura all’Adnkronos Salute. Secondo l’esperto, iniziative come quella del primario di Anestesia e Rianimazione del San Raffaele, Alberto Zangrillo, di formare una squadra di professionisti e andare a vaccinare una Rsa, “sono l’espressione di quel che occorrerà fare. Darsi da fare tutti”, spiega il virologo.

“L’unico imbuto – riflette – potrebbe essere la disponibilità di vaccini. Ma è chiaro che nel frattempo cominceranno anche a entrare in ballo altri prodotti scudo, diversi dai due che abbiamo in questo momento. Vedo come opportune anche alleanze fra aziende farmaceutiche concorrenti per spingere la produzione. Si sta vedendo con Pfizer che ci possono essere problemi di questo tipo e che ci possa essere l’aiuto da altre aziende mi pare importante”. La Francia ha annunciato che si sta valutando una simile via, per esempio. “Sarebbe buono se lo si facesse anche in Italia – osserva Clementi – Ci sono strutture che hanno il potenziale per dare un contributo”.

“Possiamo vaccinare chi ha avuto l’infezione da Sars-CoV-2 senza problemi. Non ci sono dati sull’assenza di rischi, ma neanche sul contrario di questo, cioè sul fatto che possa creare problemi. Quindi vacciniamo tutti e il più velocemente possibile” dice a proposito del dibattito che si sta consumando rispetto all’opportunità di somministrare l’iniezione scudo senza fare distinzioni fra chi è suscettibile al virus perché non lo ha mai incontrato e chi invece ha una storia di contagio alle spalle.

“In realtà – fa notare Clementi all’Adnkronos Salute – se per esempio un bimbo che ha avuto il morbillo viene vaccinato non succede niente, anzi si reindirizza meglio la sua risposta immunitaria che, dopo un certo periodo, potrebbe essere insufficiente e durare pochi mesi”.

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