Sciopero benzinai, stop da questa sera per 48 ore: i motivi della rottura
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Al via oggi alle 19 lo sciopero dei benzinai sulla rete ordinaria e dalle 22 sulle autostrade. I distributori dei carburanti saranno chiusi per 48 ore. A comunicare le modalità dello sciopero sono Faib, Fegica e Figisc-Anisa in un comunicato congiunto.
Gli impianti di rifornimento carburanti rimarranno chiusi per sciopero -compresi i self service, per 48 ore consecutive, dalle 19 del 24 alle 19 del 26 gennaio sulla rete ordinaria e dalle 22 del 24 alle 22 del 26 gennaio sulla viabilità autostradale.
PERCHE’ SI E’ ARRIVATI ALLA ROTTURA?
Due giorni senza carburanti per lo sciopero dei benzinai. E una serie di domande, per inquadrare le ragioni del governo e quelle dei gestori. Perché si è arrivati alla rottura? Qual è il ruolo delle compagnie petrolifere? E’ veramente, come sostiene il governo, ‘uno sciopero per un cartello’, quello che serve a esporre il prezzo medio?
La rottura dopo la trattativa. Si arriva allo sciopero, che inizia alle 19 del 24 gennaio, dopo un confronto serrato tra governo e le organizzazioni che rappresentano i benzinai. La posizione del governo è quella riassunta dal premier Giorgia Meloni. “Li abbiamo convocati già due volte, il governo non ha mai immaginato provvedimenti per additare la categoria dei benzinai, ma per riconoscere il valore dei tanti onesti. Poi la media del prezzo non diceva che erano alle stelle. Sono state molto poche le speculazioni. Ma non potevamo tornare indietro su provvedimento che è giusto: pubblicare il prezzo medio è di buon senso. Su altro siamo andati incontro. Nessuno vuole colpire la categoria”. La replica, che è una richiesta di correzione al provvedimento: “Abrogare il cosiddetto cartellone, sostituendolo nel caso con un QR-Code o un’App o con dispositivi luminosi a distanza in modo da sgravare i benzinai che già oggi sono oberati da obblighi di comunicazioni e di conseguenza di depennare le ulteriori sanzioni che non avrebbero senso in mancanza di adempimenti”, chiede il presidente della Faib Confesercenti, Giuseppe Sperduto.
Il ruolo delle compagnie petrolifere. “Più che uno sciopero dei benzinai, quello che partirà oggi è uno sciopero voluto e ordinato dalle compagnie petrolifere, vere protagoniste della battaglia contro la trasparenza sui prezzi dei carburanti”. E’ la denuncia di Assoutenti, che segnala inoltre come i listini alla pompa di benzina e gasolio stiano salendo in concomitanza con l’avvio della serrata, con una speculazione a danno degli automobilisti. “I gestori hanno già visto accolte le proprie richieste, con il Governo che ha modificato il decreto trasparenza rendendolo compatibile con le esigenze dei benzinai, circostanza che già di per se fa venire meno le ragioni della protesta – spiega il presidente Furio Truzzi – Ad alimentare il sospetto che dietro la serrata dei distributori ci siano le compagnie petrolifere, è anche il fatto che migliaia di pompe presenti in Italia sono di proprietà delle società petrolifere, con i vari marchi che impongono il prezzo al pubblico lasciando un margine ridottissimo ai benzinai”.
Uno sciopero contro un cartello? “Sinceramente non capisco come si possa scioperare contro la trasparenza, contro un cartello. E temo che non lo capiscano nemmeno i cittadini”. Questa volta le parole sono del ministro delle Imprese, Adolfo Urso. Di segno opposto quelle di Assopetroli-Assoenergia, che si schiera a sostegno dello sciopero. “Il settore distributivo si mobilita contro l’ingiusta campagna di criminalizzazione delle imprese, accusate contro ogni evidenza numerica, di speculare sui prezzi della benzina a danno dei consumatori. Un’accusa dimostrata infondata, numeri alla mano, dalla lettura delle banche dati dei Ministeri competenti”. Nel merito, Assopetroli spiega perché, dal suo punto di vista, non è ‘uno sciopero per un cartello’: “L’esposizione del prezzo medio ha effetto negativo sulla concorrenza, favorendo il livellamento del prezzo verso l’alto a discapito dei consumatori. Stessa negatività ha sul lato dei costi. Potenziare la segnaletica prezzi sui 22.000 punti vendita italiani costerà circa 400 milioni di euro che finiranno per gravare sui prezzi al consumo della benzina. Dunque, fumo negli occhi, a danno delle imprese e dei consumatori”.
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(AdnKronos)
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