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Lo smart working e fine stato emergenza: cosa succede dopo il 31 marzo nel privato e nella pa? Ci saranno proroghe? Introdotto in Italia dal cosiddetto Jobs Act degli autonomi (legge n. 81/2017), viene definito come “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa” ricorda Studio Cataldi.

Smart working viene tradotto in italiano con le parole “lavoro agile” e dalla definizione appena vista emerge che non si può parlare di un autonomo contratto di lavoro ma, piuttosto, di una diversa estrinsecazione dei contratti già previsti dal nostro ordinamento (part-time, contratto a tempo determinato, contratto a tempo indeterminato, etc.), che i dipendenti possono liberamente scegliere e che non può essere imposta dal datore di lavoro.

Poiché lo smart working è solo una diversa modalità di svolgere i contratti previsti dal nostro ordinamento, il lavoratore non può essere trattato diversamente rispetto ai suoi colleghi per il solo fatto che rende la propria prestazione in modalità di lavoro agile. Il trattamento normativo e quello economico riservati allo smart worker non devono essere quindi differenti rispetto a quelli dei lavoratori equiparabili in ragione della scelta di flessibilità che i primi hanno effettuato in accordo con il datore di lavoro.

Spostando la prestazione lavorativa al di fuori dell’azienda e rendendone lo svolgimento più elastico, il lavoro agile fa sì che la questione degli orari di lavoro rivesta una particolare importanza. Lo smart working, infatti, deve essere svolto nel rispetto della durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale; tuttavia, non essendo possibile misurare e definire il periodo di tempo esatto durante il quale il lavoratore presta la sua opera, il rischio è quello di una totale contaminazione dei tempi vita con i tempi lavoro.

Diritto alla disconnessione

Per tale motivo, è imprescindibile che nel contratto, con il quale si concorda lo svolgimento di lavoro agile, siano stabiliti i tempi di riposo e delle misure tecniche e organizzative che assicurino il diritto alla disconnessione del lavoratore, ovverosia il suo diritto a non rispondere a mail o telefonate.

Controlli e norme disciplinari

Lo svolgimento del lavoro in modalità agile non esonera tuttavia il lavoratore dal rispetto delle norme di comportamento: egli resta sempre assoggettato al potere disciplinare del datore di lavoro. A tal proposito, per quest’ultimo è consigliabile individuare specificamente nel codice di disciplina dei comportamenti tipici del lavoro esterno all’azienda che possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari.

Resta fermo il fatto che non è possibile un controllo del lavoratore in violazione delle tutele e dei limiti di cui all’articolo 4 dello statuto dei lavoratori.

Sicurezza del lavoratore agile

Per espressa previsione del Jobs Act, il datore di lavoro è inoltre responsabile della sicurezza del lavoratore, anche se la prestazione è svolta fuori dei locali aziendali. Non solo: egli deve garantire il buon funzionamento degli strumenti tecnologici che sono assegnati al lavoratore per lo svolgimento della sua attività. Ogni anno, quindi, al lavoratore deve essere consegnata un’informativa scritta che riporti i rischi generali e quelli specifici connessi alla particolare modalità con la quale è svolta la prestazione lavorativa. Il lavoratore, dal canto suo, deve cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro.

Il datore di lavoro e il lavoratore, più in generale, sono tenuti a tutti gli adempimenti necessari ai fini della sicurezza di quest’ultimo.

Lo smart worker va poi assicurato contro gli infortuni e le malattie professionali, con copertura pari a quella di tutti i suoi colleghi. A tal proposito si precisa che anche in caso di smart working è possibile il verificarsi di un infortunio in itinere, considerato che non è indispensabile che il lavoratore svolga la prestazione proprio nella sua casa di abitazione, se ciò risponde a criteri di ragionevolezza e si tratta di una scelta comunque connessa a esigenze lavorative e di conciliazione dei tempi vita con i tempi lavoro.

Per quanto riguarda poi il l’accordo individuale, è bene chiarire che le modalità di svolgimento del lavoro agile devono essere concordate tra le parti mediante contratto, da stipularsi per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova.

In esso va disciplinata l’esecuzione della prestazione lavorativa in maniera smart, occupandosi anche delle forme di esercizio del potere direttivo e degli strumenti che il lavoratore utilizzerà.

È poi prescritto che l’accordo individui i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e organizzative che assicurino la disconnessione dello smart worker.

Il Jobs Act chiarisce che l’accordo per lo svolgimento di lavoro agile può essere sia a termine che a tempo indeterminato, precisando che il recesso, in questo secondo caso, è possibile con un preavviso che non deve essere inferiore a 30 giorni (o a 90 giorni se si tratta di lavoratori disabili).

Sempre in materia di recesso, se sussiste un giustificato motivo, sia il lavoratore che il datore di lavoro possono recedere o prima che scada il termine, se l’accordo è a tempo determinato, o senza dare il preavviso, se l’accordo è a tempo indeterminato.

Smart working Covid

Nel corso del 2020 e del 2021 si è assistito a un’ampia diffusione dello smart working per evitare il diffondersi del contagio da coronavirus attraverso e nei luoghi di lavoro.

Le ragioni emergenziali alla base della scelta dello smart working durante la pandemia ha fatto sì che lo stesso potesse essere introdotto anche in assenza dei presupposti richiesti dalle norme del Jobs Act autonomi.

In particolare, è stato possibile attivare il lavoro agile anche in assenza di un accordo scritto tra lavoratore e datore di lavoro e sono stati semplificati gli obblighi di informativa previsti per la garanzia della salute e della sicurezza dello smart worker, che sono divenuti assolvibili anche solo in via telematica.

In alcuni casi, inoltre, è stato riconosciuto un vero e proprio diritto allo smart working. Ci si riferisce, ad esempio, all’ipotesi di quarantena del figlio del lavoratore o a quella dei cosiddetti lavoratori fragili, ovverosia maggiormente esposti al rischio di contagio.

Smart working pubblica amministrazione

Durante il periodo dell’emergenza sanitaria, si è fatto ampio ricorso allo smart working anche nelle pubbliche amministrazioni, che sono state assoggettate a una dettagliata disciplina, valida nel contesto della pandemia, che ha previsto dei criteri numerici specifici per il ricorso allo smart working (ad esempio, nell’ultima fase, si è stabilito che il 50% del personale dovesse lavorare fuori dagli uffici).

Anche in questo caso si è optato per l’assoggettamento del lavoro agile a un regime semplificato rispetto a quello ordinario.

Smart working 2022

La durata dello smart working nel periodo Covid19 era stata prorogata fino alla fine del periodo emergenziale, ovvero fino al 31 marzo 2022.

La scadenza suddetta però, come annunciato qualche giorno fa, è stata prorogata fino al 30 giugno 2022, anche per quanto riguarda i lavoratori fragili. A stabilirlo il nuovo decreto dell’esecutivo, che però proroga lo smart working semplificato solo per i lavoratori del settore privato.

Smart working ultimissime

La proroga del regime semplificato dello smart working fino al 30 giugno 2022 non è però la sola interessante novità che riguarda questo tipo di contratto.

La Commissione Lavoro della Camera, infatti, a quanto pare, ha trovare l’accordo su un disegno di legge che, riunendo diverse proposte, si pone l’ obiettivo di cambiare l’attuale disciplina dello Smart working contenuta nella legge n. 81/2017.

La novità di maggiore rilievo riguarda l’obbligo, da parte della contrattazione nazionale di categoria (o da parte di accordi aziendali o territoriali) di disciplinare alcuni aspetti del contratto come le agevolazioni per alcune categorie di lavoratori (genitori, caregiver e lavoratori fragili) e il diritto alla disconnessione.

Ai caregiver di soggetti con la 104/1992 il decreto vuole dare inoltre la priorità di accesso allo smart working.

Confermato l’obbligo dell’accordo individuale, come previsto dalla legge ancora in vigore, con conseguente condotta antisindacale da parte delle aziende che non lo rispetteranno.

Il nuovo decreto dispone inoltre che il mancato rispetto del diritto alla disconnessione, integra il reato di cui all’art. 615 bis c.p. che punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni le interferenze illecite nella vita privata e che lo smart worker sia equiparato al lavoratore che opera in presenza, dal punto di vista retributivo, normativo, della sicurezza e della possibilità di fare carriera in azienda.

Affinché si possa parlare di smart working però, non è necessario che il lavoro venga svolto interamente da casa o in luogo diverso dall’azienda, è sufficiente, in base alle nuove regole, la percentuale del 30%. Niente contratto individuale pertanto se la percentuale di lavoro in smart working è inferiore a detta soglia.

Per i datori che ricorrono allo smart working sono previste infine delle agevolazioni, che consistono:

nella riduzione, nella misura dell’1% dei premi Inail;

in crediti di imposta in relazione all’acquisto di strumenti informatici che rappresentano la dotazione dei lavoratori agili.

(AdnKronos)

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