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Finanza, agricoltura, acqua, decarbonizzazione, biodiversità, energia. Temi che saranno al centro delle giornate della Cop27, la 27esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici al via domenica 6 novembre a Sharm El-Sheikh e i cui lavori dureranno fino al 18 novembre. Obiettivo, come ogni anno, è valutare i progressi compiuti dopo l’Accordo di Parigi, ma rispetto a un anno fa lo scenario si è ulteriormente complicato con la guerra in Ucraina e la crisi energetica che rischiano di pregiudicare la lotta al cambiamento climatico ostacolando l’uscita dai combustibili fossili.

Il teatro del dibattito sarà quindi l’Africa (qui, circa 600 milioni di persone non hanno ancora accesso all’elettricità) dove, secondo la Banca africana di sviluppo, si perde tra il 5 e il 15% del Pil l’anno a causa degli impatti climatici e dove, secondo l’Ipcc, ulteriori investimenti in petrolio, gas e carbone rischiano di accelerare ulteriormente il tasso di eventi meteorologici estremi in un continente già profondamente vulnerabile a inondazioni, siccità e carestia. Eppure, crisi in corso, sono proprio i combustibili fossili ora ad attrarre di più e alcuni Paesi africani ricchi di petrolio e gas puntano proprio a sfruttare queste riserve.

Il comitato tecnico dell’Unione africana sta spingendo per portare alla Cop27 una ‘Posizione comune africana sull’accesso e la transizione all’energia’ secondo la quale “petrolio e carbone continueranno a svolgere un ruolo cruciale” nel breve e medio termine e “il gas fossile sarà presente nel mix energetico del continente a breve, medio e lungo termine”.

Ricchi di petrolio ma poveri. Conveniente? Secondo un’analisi del Gscc Network, network internazionale di professionisti della comunicazione nel campo del clima, dell’energia e della natura, la stragrande maggioranza degli investimenti ‘fossili’ è diretta all’estrazione e alle infrastrutture a monte per l’esportazione piuttosto che alla fornitura di energia a valle agli africani. E la maggior parte dei Paesi produttori di petrolio e gas in Africa non ha avuto nessuno sviluppo accelerato grazie a queste risorse: la Nigeria ha il deficit energetico più alto del mondo nonostante sia uno dei principali produttori di petrolio e gas nel continente.

La posizione dell’Unione africana è supportata da Paesi come Nigeria, Mozambico, Algeria e Angola che detengono il 60% delle riserve conosciute. Tuttavia, i Paesi che hanno tali riserve, sono 16 su 54. Altri Paesi, come Kenya e Marocco, vogliono invece concentrarsi sulle energie rinnovabili che potrebbero essere più adatte a soddisfare le esigenze di sviluppo del continente.

Secondo l’analisi dell’Aie sull’accesso all’energia in Africa, infatti, sarebbero proprio le energie rinnovabili il modo più economico, veloce e resiliente per connettere milioni di persone alle reti elettriche. Africa che ospita il 60% delle migliori risorse solari al mondo, ma che attualmente detiene solo l’1% della capacità solare fotovoltaica.

Per Mohammed Adow, direttore e fondatore di Power Shift Africa, “il gas rappresenta un percorso distruttivo per le economie. Con un’abbondanza di energia eolica, solare e altre energie rinnovabili pulite, l’Africa può guidare il mondo lungo la transizione energetica sostenibile e tracciare il proprio percorso verso la sovranità e la sicurezza energetica. Alla Cop27, i leader africani dovrebbero spingere per sbloccare gli investimenti per le energie rinnovabili del continente. La Cop27 è un momento cruciale che non dovrebbe essere utilizzato per bloccare l’Africa in un futuro desolante per i combustibili fossili”.

Ad oggi, gli investimenti energetici e climatici in Africa sono molto lontani da quanto servirebbe: secondo l’Iniziativa per la politica climatica, al continente servirebbero 277 miliardi di dollari all’anno per attuare i suoi piani energetici e climatici, ma i flussi finanziari in Africa al momento si fermano a soli 30 miliardi di dollari.

Per Vanessa Nakate, attivista per la giustizia climatica in Uganda, “il gas è una pericolosa distrazione per l’Africa. Mentre il mondo inizia finalmente a rendersi conto della crisi climatica, le principali compagnie petrolifere e del gas dall’Europa e dal Nord America stanno perdendo sempre più la licenza per operare lì, quindi si stanno rivolgendo all’Africa per cercare di garantire almeno qualche anno in più di estrazione e profitto. L’energia rinnovabile è un’alternativa inequivocabilmente migliore. Ma abbiamo urgente bisogno dell’investimento dal nord del mondo per assicurarci di poter soddisfare i bisogni delle comunità sul campo”.

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(AdnKronos)

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