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“STORIE DI MALATI MITOCONDRIALI”: COSI’ MITOCON CELEBRA LA SETTIMANA MONDIALE DI SENSIBILIZZAZIONE SULLE MALATTIE MITOCONDRIALI

Dal 18 al 24 settembre, in tutto il mondo si celebra la World Mitochondrial Disease Week con eventi di informazione e sensibilizzazione sulle malattie mitocondriali. La settimana inizia con il Lhon Awareness Day, lunedì 19 settembre, e si conclude con il Light Up for Mito, sabato 24 settembre.

Come ogni anno la settimana dal 18 al 24 settembre, in tutto il mondo, è dedicata alla sensibilizzazione sulle malattie mitocondriali con la World Mitochondrial Disease Week, iniziativa promossa globalmente dalla federazione delle Associazioni di famiglie e pazienti, International Mito-Patients (Imp), per “accendere” l’attenzione del grande pubblico e delle Istituzioni sull’impatto delle malattie mitocondriali sui bambini, adolescenti, adulti e le loro famiglie.

Le iniziative in Italia in occasione della World Mitochondrial Disease Week

La settimana italiana inizia con il Lhon Awareness Day, lunedì 19 settembre, e si conclude con il Light Up for Mito, sabato 24 settembre. Durante l’evento finale si illumineranno di verde i monumenti di tutto il mondo.

Le iniziative italiane di sensibilizzazione e informazione sono a cura di Mitocon, l’Associazione di pazienti e famiglie che dal 2007, insieme alla comunità scientifica e alla rete di pazienti e famiglie, promuove lo studio e la cura delle malattie mitocondriali e una migliore qualità di vita per chi è affetto da queste malattie.

Mitocon lancia così  “Storie di malati mitocondriali”, una serie di testimonianze di chi, ogni giorno, vive con queste malattie, per “accendere” la speranza di trovare una cura definitiva grazie alla ricerca scientifica.

Quelle mitocondriali sono malattie genetiche rare dovute al malfunzionamento dei mitocondri le nostre “centraline energetiche”. Poiché i mitocondri sono presenti in tutti i tessuti, le malattie mitocondriali possono teoricamente colpire qualsiasi organo.

Tra queste malattie, una delle più diffuse è la neuropatia ottica ereditaria di Leber, o malattia di Lhon. Le persone colpite dalla Lhon devono fare i conti, giorno dopo giorno, con un abbaglio che gradatamente si impadronisce del loro campo visivo. Un buco luminoso che dapprima compare solo in un pezzetto di occhio, poi piano piano si allarga e nel giro di settimane, al massimo mesi, può conquistare anche il secondo occhio. Una condizione difficile e sfidante, soprattutto perché può colpire all’improvviso una persona che fino al giorno prima era abituata a vivere in modo normale e autosufficiente.

Iniziative come la giornata di settembre sono preziose per i pazienti Lhon per sensibilizzare e informare su queste malattie ancora poco conosciute e per incoraggiare chi ne è affetto a trovare un nuovo modo di vedere il mondo. “Non è facile – racconta Rosella nella prima clip della serie di Storie di Malati Mitocondriali prodotta da Mitocon per celebrare la Settimana –  ma è del tutto possibile vivere una vita piena e significativa con la LHON”.

Segui tutte le iniziative della World Mitochondrial Disease Week su www.mitocon.it

STORIE DI MALATI MITOCONDRIALI – ROSELLA

Rosella ha cinquantacinque anni, vive ad Ascoli Piceno insieme a suo marito Nazzareno e alla figlia Greta. “Il mio percorso è iniziato nel novembre 2018, quando mi accorsi di avere un carcinoma al seno. Fui operata ad Ancona, dopodiché iniziai la radioterapia e la cura ormonale: era aprile 2019. Finita la radioterapia, feci i controlli e tutto andava bene. A fine luglio 2020, durante una serata con amici, mi resi conto che guardando il cellulare non vedevo bene. A lavoro, il giorno dopo, davanti al computer notai delle difficoltà. D’istinto coprii l’occhio destro e ci vedevo. Feci lo stesso con l’occhio sinistro e al centro non vedevo: era tutto vuoto. Mi preoccupai, ne parlai con l’oculista, feci una visita e pensarono dipendesse dal nervo ottico. Dopo aver escluso il tumore e la sclerosi, e dopo aver sospeso la cura ormonale, mi dissero che era stata una neurite ottica ischemica e che dall’occhio sinistro avevo perso la vista”.

Il buio. Il 27 novembre 2020, mentre è a lavoro, Rosella di colpo perde la vista anche all’altro occhio. “Ci vedevo poco eppure presi la macchina e guidai fino a casa. Cinque lunghi e interminabili chilometri: fu l’ultima volta che guidai”. È al Centro Oculistico Mastropasqua di Pescara che Rosella scopre di avere la neuropatia ottica di Leber. Da lì l’arrivo a Bologna e la proposta di entrare a far parte di un gruppo di cura basato sulla terapia genica. “Sei pazienti, io l’unica donna. Nessuno sa dirmi se guarirò, ma voglio sperare e portare pazienza: i tempi ci sono. Non mi aspetto tanto, anche un decimo sarebbe come vedere. Mi aspetto quel poco che mi renda indipendente, non chiedo dieci decimi. In questo momento sono nel bel mezzo della rabbia, dell’angoscia e del terrore. La malattia mi ha privato di tante cose. Mi manca l’indipendenza: prima ero molto attiva, facevo tanto sport e dovermi fermare è stato duro. A casa ho un tapis roulant e mi alleno tutti i giorni più di un’ora. E poi mi manca lo sguardo delle persone, vedere mia figlia che si trucca, quello che indossa la mattina prima di andare a lavoro. Mi sento sola in questo”.  Rabbia, speranza, ma non solo: Rossella trova la forza nella sua famiglia. “Mia figlia è laureata in psicologia, ora sta frequentando la scuola di psicoterapia. Lei mi aiuta, mi capisce, ma soffre insieme a me. Quello che mi dispiace è pensare di pesare su di loro, cosa che non voglio”. Nella famiglia di Rosella non ci sono altri casi. Greta, sua figlia, ha fatto l’esame del DNA e ha la mutazione genetica, ma non è manifesta. “Se avessi saputo di questa mutazione genetica prima di decidere di avere un figlio e di restare incinta, l’avrei affrontato diversamente”.

L’incontro con Mitocon. “Ho conosciuto Mitocon grazie a mia figlia”. In questo percorso di accettazione della malattia, Mitocon è stata di supporto per Rossella e lei stessa afferma: “Se dovessi incontrare una persona che ha la mia stessa patologia la ascolterei e proverei, senza forzatura, a consigliarle di farsi aiutare piano piano, attraverso un percorso psicoterapeutico e appoggiandosi alle associazioni come Mitocon”

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