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“Mentre facevo questo film non avevo mai pensato al genere del personaggio né alla sua sessualità. Non c’è bisogno di essere una direttrice di una delle orchestre più grandi del mondo per sperimentare sentimenti come l’abuso di potere e il tradimento della fiducia”. Cate Blanchett parla così di ‘Tar’, il film di Todd Field in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia di cui è protagonista nei panni di Lydia Tár, una delle più grandi direttrici d’orchestra al mondo, e la prima direttrice della più grande orchestra della Germania. Subisce il maschilismo dell’ambiente in cui lavora ed è costretta sempre a dimostrare la sua competenza di musicologa ma allo stesso tempo si innamora di due musiciste (Nina Hoss e Sophie Kauer) che sottopone di fatto a molestie, complice anche la sua posizione di potere.

“Dalla prima sillaba che ho letto della sceneggiatura, che è molto ben scritta, sapevo che era un personaggio molto complesso. È un film su una trasformazione, il personaggio cambia. Ma una cosa che non cambia è che si tratta di una persona che non conosce più se stessa. Lei è un insieme di contraddizioni, di alti e bassi, di provocazioni. Ma non ho pensato a questo come ad una questione di genere, finché non sono iniziate le conferenze stampa”, sottolinea sorridendo l’attrice australiana premio Oscar che dice di sentirsi tutt’altro che arrivata: “sono in evoluzione, sto ancora spiccando il volo”.

Quanto al fatto che le tematiche Lgbt abbiano sempre più spazio nel cinema, l’attrice sottolinea: “Credo che sia importante perché l’omogeneità in ogni forma dell’arte è la morte. La pratica artistica però – aggiunge – non è uno strumento educativo. La reazione a un film o un’altra opera può essere di offesa, di disgusto o di ispirazione ma questo va fuori dal controllo degli artisti che l’hanno realizzata. Quello che accade al mio personaggio era necessario ed innegabile ma non avevo pensato al genere del personaggio né alla sua sessualità. E questo mi piace del film. Semplicemente lei è. Si tratta di una rappresentazione molto umana e credo che come specie siamo abbastanza maturi da guardare il film e non far sì che questa sia la cosa più importante”.

A chi le chiede se all’inizio della sua carriera abbia faticato ad affermarsi per il maschilismo, risponde: “Sicuramente anche l’ambiente del cinema è cambiato molto da quando sono entrata nel mondo del cinema. Ho lavorato molto in teatro e mi dicevano: ‘goditi il momento, perché avrai più o meno 5 anni di tempo’. Allora era così. La vita dell’attrice finiva presto. Però va detto che questo è cambiato anche grazie a grandi uomini registi. Non è un discorso di genere ma di esseri umani”.

Se Cate Blanchett da attrice si è fatta musicista per il film, percorso inverso lo ha affrontato Sophie Kauer, musicista diventata attrice: “Come ho fatto? Ho visto su Youtube Michael Caine che insegnava in 10 mosse come diventare attore”, ride. Poi più seria aggiunge: “In fondo anche i musicisti interpretano diversi personaggi quando interpretano opere di autori diversi”.

‘Tar’ fa anche incontrare per la prima volta in un film Cate Blanchett con Nina Hoss (“la Cate Blanchett della Germania”, suggerisce qualcuno, e Cate aggiunge, “o forse sono io la Nina australiana”): “Io non provengo dal mondo della musica. Ma suono il pianoforte e ho suonato il violino. E poi è stato incredibile lavorare con Cate, con Todd e con l’orchestra. Siamo entrati in una sorta di ritmo musicale che si respira in tutto il film”.

Un film che il regista ha scritto pensando a Cate Blanchett: “Non l’ho scritto pensando a Cate l’ho scritto per Cate. Ho trascorso diversi mesi con lei ma lei non lo sapeva”, dice sorridendo. “E insieme abbiamo subito pensato di coinvolgere Nina”.

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