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Gli Stati Uniti d’America, tramite il segretario di Stato americano Mike Pompeo, hanno accusato apertamente l’Iran, di essere direttamente coinvolta nell’attacco con i droni effettuato dai ribelli yemeniti, gli sciiti Houti, che hanno colpito alcuni siti petroliferi di Riad. Pronta è arrivata la risposta di Teheran, che attraverso il portavoce del ministero degli Esteri, Abbas Moussavi, citato dall’agenzia Isna, ha bollato come false le dichiarazioni di Pompeo, riconducibili, secondo Moussavi, “Alle politiche americane di massima pressione sull’Iran, che però stanno fallendo miseramente, tanto da costringerli a inventarsi nostri coinvolgimenti in fatti in cui siamo totalmente estranei”. Moussavi ha anche ribadito che “Nei momenti di maggior crisi tra due paesi, gli esponenti politici dovrebbero comunque mantenere un minimo di credibilità”.

Continua quindi la guerra a distanza tra l’amministrazione americana e il paese degli Ayatollah. I ribelli yemeniti è indubbio che siano foraggiati dall’Iran ed è quindi lecito pensare che la mente degli attacchi dei siti petroliferi della provincia orientale di Buqyaq in Arabia Saudita, è da ricercarsi a Teheran. Sul fronte interno americano ecco che i falchi chiedono all’amministrazione Trump di fare altrettanto, colpendo le raffinerie e i siti iraniani, per dare un messaggio chiaro a un paese che sta cercando di destabilizzare l’intera area mediorientale, attraverso i suoi “protetti”, dagli Hezbollah agli Houti, passando per la provocazione di arricchire l’uranio per diventare una potenza nucleare. Facendo però i conti con Israele che ha sempre i motori dei suoi jet accesi, per colpire chirurgicamente ciò, che per lo Stato della Stella di David, rappresenta un pericolo.

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