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“La valutazione delle risultanze dibattimentali non ha consentito di affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità degli imputati, dal momento che le pur copiose acquisizioni documentali e le prove orali assunte sul punto non hanno offerto alcuna prova diretta dell’ipotizzato accordo corruttivo. Ed invero, le emergenze processuali, pur destando più che un sospetto sull’esistenza di un tacito e implicito “patto” tra gli imputati, non consentono di descrivere le condotte con le connotazioni fenomenologiche idonee ad integrare l’illecito contestato”. E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 17 novembre i giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Roma hanno assolto Silvio Berlusconi e Mariano Apicella, con la formula “perché il fatto non sussiste” nel filone romano del processo Ruby Ter che vedeva l’ex premier imputato per la presunta corruzione legata alla falsa testimonianza del cantante napoletano riferita alle feste organizzate ad Arcore. I giudici avevano inoltre dichiarato la prescrizione per l’accusa di falsa testimonianza nei confronti di Apicella. Il rinvio a giudizio per i due era stato deciso dal gup di Roma all’udienza preliminare del 16 maggio 2018. Anche la Procura di Roma aveva chiesto l’assoluzione per entrambi gli imputati.

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“Risultano documentalmente provati diversi bonifici in favore di Apicella – spiegano i giudici – nell’arco temporale 2002/2011 provenienti dal conto corrente intestato a Berlusconi per un totale versato di oltre 290.000 euro; allo stesso modo con riferimento all’estratto del conto corrente intestato a Berlusconi” presso un altro istituto di credito “nel periodo 2005/2008 risultano accrediti sul conto di Apicella complessivo di 96.600 euro; infine, dall’estratto del conto corrente di Berlusconi emerge un bonifico di centomila euro in favore di Apicella effettuato nel 18 giugno 2008 (…). Di notevole interesse è la sensibile oscillazione del quantum via via elargito da Berlusconi ad Apicella – sottolineano i giudici – che si attesta da un minimo di 648 euro (28 gennaio 2003) ad un massimo di 40.000 euro (prestito infruttifero del 20 ottobre 2003), per poi assestarsi sulla media di 3.100 euro. A ciò deve aggiungersi il bonifico di 100.000 euro del 18 giugno 2008 con la causale ‘prestito infruttifero’. Gli elementi (certi) appena illustrati non sono di per sé sufficienti a provare che i bonifici fossero effettivamente ed esclusivamente correlati all’accordo corruttivo intervenuto tra gli imputati in vista delle deposizioni testimoniali rese da Apicella”.

”Tali dati documentano dunque la periodicità mensile delle corresponsioni in epoca antecedente a quella indicata nell’imputazione, l’assoluta tracciabilità dello strumento adottato costituito dall’uso di bonifici bancari, e la sostanziale equipollenza delle elargizioni, legittimando ad inferire, contrariamente ed alternativamente all’assunto accusatorio, l’esistenza, tra gli imputati, di uno stabile e risalente rapporto personale – si legge nella sentenza – di natura professionale se non anche amicale”.

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