Ebola: un anno dall’inizio epidemia in RDC, Msf: situazione ancora preoccupante, 1700 i morti
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Ebola: Un anno di epidemia. Serve azione urgente per contenerla. Ieri secondo caso a Goma deceduto.
1 agosto 2019 – A un anno dallo scoppio della peggiore epidemia nella storia della Repubblica Democratica del Congo (RDC), la situazione è ancora preoccupante. A luglio, ogni settimana sono stati diagnosticati tra gli 80 e i 100 nuovi casi. A giugno c’è stato un primo paziente in Uganda, arrivato dalla RDC, mentre Goma, città di confine con un milione e mezzo di abitanti, proprio questa settimana ha registrato il secondo caso, deceduto ieri.
Da agosto scorso, l’Ebola ha contagiato più di 2600 persone, uccidendone circa 1700. Circa un terzo delle morti per Ebola è stato diagnosticato dopo il decesso, e passano in media sei giorni da quando si manifestano i primi sintomi a quando un paziente viene ammesso in un centro di trattamento o di transito – un periodo durante il quale le condizioni del paziente peggiorano e il virus può diffondersi contagiando altre persone. Oltre la metà dei 47 distretti sanitari in Nord Kivu e Ituri è stata colpita dall’epidemia, 18 sono considerati zone di trasmissione attiva, con nuovi casi confermati negli ultimi 21 giorni. Il 5% dei
È chiaro che la risposta internazionale non è ancora riuscita a contenere l’epidemia,
“Il secondo caso a Goma in una sola settimana è un dato preoccupante: il rischio in una grande città aumenta perché la densità di popolazione e le occasioni di contatto sono maggiori, come accaduto nella grande epidemia del 2014 in Africa occidentale” racconta la dott.ssa Claudia Lodesani, presidente di MSF e infettivologa con lunga esperienza di Ebola. “Questa epidemia
Dall’inizio dell’epidemia, l’insicurezza è
Ma né la paura indotta da una malattia così letale e poco compresa, né le tensioni preesistenti nell’area possono spiegare da sole l’incapacità di coinvolgere la popolazione locale nella risposta all’epidemia. L’approccio complessivo contro l’Ebola deve essere rivisto e migliorato.
I Centri di trattamento Ebola e i centri di transito sono impostati come un “sistema parallelo” e restano separati dal sistema sanitario a cui le persone sono abituate. Per questo vengono visti dalla popolazione come luoghi misteriosi, dove la gente va a morire dopo essere stata separata dalle proprie famiglie. Il 90% dei pazienti ricoverati quest’anno è risultato negativo al test per l’Ebola ed era affetto da altre patologie. Ma questi centri non hanno la capacità di fornire cure di qualità e personalizzate ai pazienti in attesa dei risultati del test. Questo ha sicuramente ostacolato l’accettazione dei Centri Ebola da parte delle comunità.
MSF
Oggi la risposta all’Ebola deve urgentemente adattarsi ai bisogni e alle aspettative della popolazione, anche rispetto alle modalità dell’assistenza sanitaria, se si vuole contenere l’epidemia. Per questo MSF sta lavorando per integrare le attività per l’Ebola nei centri di salute e negli ospedali, incoraggiando la segnalazione immediata dei sintomi e facilitando l’identificazione dei casi sospetti. I risultati sono positivi: a luglio, il 20% dei pazienti ammessi nel Centro Ebola di Beni è stato riferito da un centro di salute supportato da MSF, una percentuale più alta rispetto ai pazienti trasferiti dai centri di transito per l’Ebola.
Infine, MSF si unisce all’appello dei molti esperti che raccomandano di ampliare l’accesso alla vaccinazione. Oltre 170.000 persone sono state vaccinate finora attraverso il sistema “ad anello” che coinvolge i contatti dei pazienti confermati e gli operatori sanitari in prima linea, ma l’accesso alla vaccinazione deve essere esteso per coprire tutta la popolazione a rischio. Questi passaggi sono urgentemente necessari se si vuole evitare che l’epidemia si prolunghi per un altro anno.
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