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L’Egitto rappresenta un “interlocutore ineludibile” e “condivide con l’Italia l’obiettivo di sostenere il processo politico” della Libia. Lo ha dichiarato il ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, durante l’audizione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni a Palazzo San Macuto. Ma il ruolo internazionale dell’Egitto “non fa venire meno l’impegno di tutto il Governo, nel continuare a esigere l’accertamento della verità sulla tragica morte di Giulio” che è “riferimento imprescindibile nelle nostre relazioni con Il Cairo”, ha aggiunto.

In particolare, il titolare della Farnesina ha citato ”una pluralità di settori di collaborazione e di quadranti geo-politici. Dalla gestione delle crisi regionali al contrasto a terrorismo e traffici illeciti, passando per la gestione dei flussi migratori e la cooperazione in campo energetico. Si tratta di dossier che toccano direttamente la nostra sicurezza e gli interessi nazionali. Ricordo, in particolare, la stabilizzazione della Libia e le prospettive del processo di pace in Medio Oriente”.

Di Maio ha quindi parlato del ruolo dell’Egitto ”nel rafforzamento dei propri rapporti con il Governo di Tripoli, fino a non molto tempo fa abbastanza complessi, e condivide con l’Italia l’obiettivo di sostenere il processo politico a favore di una Libia effettivamente unificata e stabile, dotata di istituzioni in grado di esercitare un reale potere di controllo sul territorio e di affrancare il Paese dalla presenza di mercenari, milizie e forze combattenti straniere”. Di Maio ha quindi definito l’Egitto ”l’unico attore regionale in grado di parlare in modo efficace con tutte le parti coinvolte. Una posizione notevolmente rafforzatasi in occasione della recente crisi di Gaza, che ha visto Il Cairo svolgere una determinante opera di mediazione tra le parti per pervenire alla tregua tra Hamas e Israele”.

E’ in ogni caso “incessante” la “azione di sensibilizzazione sul Cairo” per fare luce sull’uccisione di Regeni, ha dichiarato il ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Parlando di ”profonda divergenza tra le conclusioni raggiunte dalle due procure” Di Maio ha definito ”giusto spingere per una ripresa dei contatti tra gli organi inquirenti. L’azione è stata condotta anzitutto grazie ai ripetuti passi del nostro Ambasciatore al Cairo, Giampaolo Cantini”.

Di Maio ha ricordato che nonostante la pandemia, ”le squadre di investigatori si sono incontrate due volte, a Roma il 28 ottobre e al Cairo il 5 novembre 2020. Il Procuratore della Repubblica di Roma, Michele Prestipino, e il Procuratore Generale della Repubblica egiziano, Hamada Al Sawi, hanno inoltre tenuto due videoconferenze il primo luglio e il 30 novembre dello stesso anno. Senza l’azione costante della nostra diplomazia, questi contatti non sarebbero stati possibili”. Ma ”le due Procure hanno dovuto riconoscere di non essere d’accordo e le strade giudiziarie si sono divise”.

”La domanda di verità e giustizia su quanto accaduto a Giulio Regeni” ha rappresentato ”l’elemento centrale dei colloqui, con franchezza e determinazione” che il ministro Di Maio ha avuto con il ministro degli Esteri egiziano Shoukry il 23 settembre, a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York. La richiesta di verità per Regeni è stata anche al centro della ”missione al Cairo del Direttore Politico della Farnesina, Ambasciatore Ferrara, del 9 settembre”.

E “il perseguimento della verità è sempre stato, e continuerà ad essere, un obiettivo fondamentale da raggiungere nelle nostre relazioni con l’Egitto“, ha detto ancora il ministro. “Alla verità hanno diritto Giulio e la sua famiglia, ma anche l’Italia intera”, ha proseguito Di Maio che ha rivolto ”a nome di tutto il Governo, e in particolare della Farnesina, la più sincera e profonda vicinanza a Paola e Claudio Regeni. Arrivare a un quadro definitivo, e sancito da un giusto processo, non restituirà Giulio ai suoi genitori, ma riaffermerà la forza dei valori di giustizia, trasparenza e stato di diritto in cui Giulio credeva”.

I rapporti con l’Egitto non potranno svilupparsi nella loro pienezza fino a quando non sarà fatta piena luce su quanto accaduto, considerando anche la giusta, persistente ed elevatissima sensibilità sulla vicenda da parte delle Istituzioni e dell’opinione pubblica italiane”, ha proseguito Di Maio. ”Anche per questo abbiamo sensibilizzato i nostri partner in sede di Unione Europea e Nazioni Unite sulle nostre richieste di giustizia e verità”, ha aggiunto.

Il ministro ha poi difeso la scelta di tenere l’ambasciatore italiano al Cairo durante l’audizione. Il titolare della Farnesina ha citato la ”consegna del fascicolo d’indagine agli avvocati egiziani della famiglia Regeni, avvenuta in Ambasciata al Cairo nel dicembre 2017 grazie al dialogo instaurato dall’Ambasciatore Cantini con l’allora Procuratore Generale egiziano Sadek. Questa condivisione ha permesso di acquisire informazioni fino ad allora non disponibili e rivelatesi importanti per la ricostruzione dei nostri inquirenti”. Ricordando che ”tra Italia ed Egitto non sono in vigore trattati di cooperazione giudiziaria”, Di Maio ha espresso apprezzamento per ”l’instancabile azione della nostra Ambasciata al Cairo per richiedere alle autorità egiziane di facilitare i contatti tra le due Procure è risultata per questo ancora più necessaria e preziosa”.

Tuttavia ”i progressi ultimamente ottenuti risultano insufficienti. Ne siamo ben consapevoli. Ma è anche utile evidenziare quanto l’ex Procuratore della Repubblica di Roma Pignatone ha sottolineato nell’audizione qui di pochi giorni fa: ‘la presenza dell’Ambasciatore è stata una scelta giusta, alla luce dell’importanza di un dialogo diverso da quello esclusivamente giudiziario avuto in alcune fasi'”.

Secondo il ministro, il rapporto tra le autorità giudiziarie italiane e quelle egiziane nello svolgimento delle indagini sulla morte di Regeni è stato “altalenante”. ”Resta il fatto che tali Autorità hanno fornito ai colleghi italiani documenti utili a individuare i quattro imputati. Tra questi, ricordo il fascicolo dell’indagine, il video del dialogo tra Giulio Regeni e il sindacalista degli ambulanti Abdallah, i tabulati telefonici, il traffico delle celle in alcune zone”, ha aggiunto Di Maio.

”Il memorandum consegnato a giugno dal Procuratore generale egiziano al nostro Ambasciatore è stato francamente deludente. Ma ciò, anziché scoraggiarci, deve spingere il Governo e la Farnesina a proseguire senza sosta nell’attività di sensibilizzazione nei confronti delle autorità egiziane”, ha proseguito.

Per Di Maio, il processo che prenderà il 14 ottobre sulle torture e la morte di Regeni è “un risultato che nelle settimane successive al ritrovamento del corpo era insperato”. Esprimendo un ”sincero ringraziamento alla nostra Polizia Giudiziaria e alla nostra Magistratura”, Di Maio ha definito ”cruciale il ruolo della società civile e dell’opinione pubblica tutta, che hanno fortemente sostenuto la famiglia di Giulio e la loro ferma domanda di verità”.

In questo contesto, il titolare della Farnesina ha citato la motivazione data dal Giudice per l’Udienza Preliminare del processo penale a carico dei quattro agenti egiziani davanti alla Corte d’Assise di Roma, secondo il quale la mancata elezione di domicilio degli imputati viene superata dal fatto che ‘la copertura mediatica capillare e straordinaria sul Caso Regeni ha fatto assurgere la notizia della pendenza del processo a fatto notorio”’.

Il governo italiano si costituirà parte civile nel processo sulle torture e l’uccisione di Giulio Regeni ”se la famiglia è d’accordo e se ce ne sarà la possibilità”, ha annunciato il ministro. Il titolare della Farnesina ha però ricordato che ”da parte della famiglia c’è stata un appello non costruire durante il processo una serie di iniziative che possano rallentarlo”.

”Auspico un processo che porti a verità e giustizia” e ”credo che sia nelle facoltà nel nostro sistema giurisdizionale e dello stato italiano”, ha proseguito Di Maio, affermando che ”supporteremo questo procedimento e magistratura con tutte le nostre forze”. Da parte egiziana, ”il fatto che non abbiamo ancora avuto segnali come la domiciliazione o altri che vanno nella direzione di una maggiore collaborazione non porterà la Farnesina e il corpo diplomatico a desistere”, ha sottolineato.

(AdnKronos)

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