
Garlasco, il mistero delle impronte e della scala: la scena del delitto di Chiara Poggi
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Il corpo della giovane gettato in cantina, le mani insanguinate dell’assassino, le scarpe a pallini e i movimenti calcolati: i dettagli della ricostruzione che condannò Stasi e ora chiamano in causa Andrea Sempio
L’assassino si ferma sull’uscio della scala che porta alla cantina e da lì scaraventa il corpo di Chiara Poggi, 26 anni, giù per i tredici gradini ripidi della villetta di via Pascoli a Garlasco. È il 13 agosto 2007. La scena, per gli inquirenti, parla chiaro: nessun gradino sporco, nessun passo falso. Solo impronte sul pavimento del piano terra e una traccia netta della suola di una scarpa a “pallini” Frau numero 42. Impronta che diventa simbolo di una ricostruzione meticolosa, che nel 2015 porterà alla condanna definitiva a 16 anni per Alberto Stasi, allora fidanzato della vittima. Ma che oggi, con la nuova iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, torna a essere scrutinata nei minimi dettagli.
Il biglietto da visita del killer: scarpe, mani e silenzi
Secondo l’ultima perizia, l’assassino conosce bene quella casa. Chiara apre la porta senza timore, non urla, non reagisce. Viene colpita subito, cade, cerca forse un ultimo appiglio con le mani che strisciano sul pavimento, viene finita e sollevata. Pesa meno di 50 chili. Il corpo viene lanciato nella tromba delle scale senza che l’aggressore scenda. L’impronta della scarpa insanguinata si arresta al limite tra le piastrelle in cotto e il marmo. Nessuna delle tredici pedate è sporca. Chiara scivola, si ferma con la testa sul nono gradino. Sul pigiama rosa, una traccia: quattro polpastrelli insanguinati e una mezza impronta palmare. Mai analizzata: la maglia, girata e intrisa di sangue, arriva così al medico legale.
I movimenti del dopo: il bagno, le impronte, gli asciugamani spariti
L’assassino si muove in casa con precisione. Dal salottino al bagno, poi in cucina. Si lava. Alcuni asciugamani scompaiono. Sul dispenser rimangono due impronte: appartengono ad Alberto Stasi. Secondo i giudici, è l’ultimo oggetto toccato dall’autore del delitto. Sul tappetino, l’ulteriore conferma: l’orma compatibile con una Frau numero 42, calzatura che Stasi può indossare, mentre Sempio no. Il nuovo indagato porta un 44. Ma la consulenza tecnica della Procura trova una traccia della mano destra di Sempio sulla parete della scala, nonostante l’assassino — ricorda la sentenza — non abbia mai messo piede su quei gradini.
La freddezza dopo il massacro e il depistaggio
Chiara viene uccisa, scrive la Corte, da chi conosceva e amava. Una presenza divenuta “scomoda”, eliminata senza pietà. Dopo l’omicidio, Stasi — secondo la sentenza — si comporta come se nulla fosse: accende il computer, guarda pornografia, lavora alla tesi. Non collabora, depista. Parla di una caduta accidentale, offre versioni parziali, e approfitta degli errori iniziali degli investigatori. Nelle motivazioni del 2014, i giudici tracciano il ritratto di uno studente modello che “riesce con abilità e freddezza a riprendere il controllo della situazione” dopo un delitto brutale.
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(con fonte AdnKronos)
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