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Alessandro Impagnatiello ha confessato di essere l’autore dell’omicidio di Giulia Tramontano, la giovane di 29 anni incinta di 7 mesi, di cui non si avevano notizie da giorni. Durante il suo interrogatorio, Impagnatiello ha ripetuto più volte agli investigatori la frase “Sono stato io”, rivelando di aver ucciso la sua compagna. Successivamente, il corpo di Giulia è stato trovato in una cavità vicino alla loro abitazione a Senago.

Durante la confessione, Impagnatiello ha raccontato che la giovane incinta si era inflitta dei tagli sulle braccia con il coltello che stava usando per cucinare. Ha spiegato che Giulia gli aveva detto di non voler più vivere. Tuttavia, come riportato nel decreto di fermo redatto dall’aggiunta Letizia Mannella e dalla procuratrice Alessia Menegazzo, Impagnatiello ha dimostrato di essere capace di mentire ripetutamente e di cambiare versione dei fatti più volte.

Secondo la testimonianza di Impagnatiello agli investigatori, Giulia si era già ferita al collo. Per evitare che soffrisse ulteriormente, l’uomo ha ammesso di aver inflitto tre o quattro colpi anch’egli al collo della donna. A quel punto, Giulia, esausta e stesa a terra, avrebbe ricevuto la “rassicurazione” di Impagnatiello che era tutto finito e che “doveva riposarsi”. L’aggressione con il coltello, secondo quanto affermato da Impagnatiello, è durata solo pochi minuti. Durante l’attacco, Giulia avrebbe tentato di opporsi debolmente, senza emettere urla.

Giulia Tramontano trovata morta, fidanzato sul web cercava come ucciderla

Successivamente, Impagnatiello avrebbe tentato di bruciare il corpo di Giulia nella vasca da bagno utilizzando alcol etilico, ma senza successo. Successivamente, come ha riferito durante la sua confessione nella notte di ieri, il trentenne si sarebbe spostato nel box di famiglia, dove avrebbe nuovamente cercato di incendiare il corpo usando una tanica di benzina. Questi dettagli dovranno essere confermati dalle indagini. Nell’auto di Impagnatiello si avvertiva ancora l’odore del carburante utilizzato.

Si dice che l’uomo abbia poi girato in macchina con il cadavere della donna fino a mercoledì scorso, dopo averlo tenuto nascosto in un box e aver cercato di bruciarlo prima con l’alcol e poi con la benzina. Nel verbale della sua confessione, il trentenne afferma: “Martedì mattina, verso le 7, sono andato in cantina e ho tirato fuori il corpo, trascinandolo fino al box. Poi ho portato l’auto nel box e ho caricato il corpo nel bagagliaio”. “Ho lasciato il corpo di Giulia nell’auto fino alla notte di mercoledì, quando ho deciso di sbarazzarmene, intorno alle 02:30 del mercoledì, in quel luogo che già conoscevo e che ho comunicato ai carabinieri”. Impagnatiello inoltre precisa che “da quando ho messo il corpo di Giulia nel bagagliaio martedì, ho continuato comunque a utilizzare l’auto, girando con il cadavere nel bagagliaio”.

Giulia Tramontano, la sorella: “Una famiglia distrutta, ma grazie a chi ci ha aiutato”

“Saremo sempre quel fiore appoggiato sulla tua spalla. Ti sorreggeremo entrambi, come nuvole che guardano sempre in alto.” Così inizia il messaggio che Chiara Tramontano ha condiviso ieri sera su Instagram, rivolto alla sua sorella Giulia, uccisa dal suo compagno a Senago lo scorso sabato. “Vorrei urlare al mondo come mi sento, ma le parole muoiono in gola. Perché in questi cinque giorni sono morta lentamente. Siamo morti. Perché tu non sia mai sola”, scrive Chiara. Poi il pensiero va a Thiago, il nipotino mai nato. “Siamo venuti con te, per poterlo cullare, abbracciare, toccare. Volevo essere la zia migliore di sempre, se solo me lo avessero permesso”.

“Avremmo voluto fare di più per portarti a casa. È stato sufficiente? Ci hai sentito? Perché noi non sentiamo più nulla”, conclude il messaggio, accompagnato da una foto dei tre fratelli Tramontano insieme e da una lettera indirizzata a Giulia, da un uomo che si descrive come “assalito dalla vergogna di appartenere al genere maschile” dopo la scoperta della sua morte.

Finta prova Dna per dimostrare ad amante che Giulia non aveva in grembo suo figlio

L’uomo aveva anche falsificato un test del DNA per dimostrare alla sua collega, con la quale aveva una relazione, che il figlio che Giulia portava in grembo non era suo. Tuttavia, l’altra donna, di nazionalità italo-inglese e collega di lavoro presso l’Armani Bamboo Bar, aveva scoperto la falsificazione. Da lì è nato un confronto tra le due donne, avvenuto sabato pomeriggio nel locale milanese, senza la presenza del trentenne. La collega, con cui Impagnatiello aveva una relazione da un anno, preoccupata per Giulia, le avrebbe offerto ospitalità. “Se hai problemi”, le avrebbe detto, “puoi venire a stare da me”.

Dopo aver ucciso la sua compagna, il trentenne avrebbe inviato anche messaggi dal telefono cellulare di lei per rassicurare coloro che erano preoccupati. Tra questi messaggi c’era anche quello inviato alla collega, che durante tutta la serata aveva scritto a Giulia per avere notizie. “Lasciami in pace, ti ho mentito”, è stata la risposta che è arrivata in serata dal telefono della 29enne, ma scritta dal compagno che l’aveva già uccisa.

Giulia Tramontano, pm: “Da Impagnatiello rischio reiterazione del reato, amante aveva paura”

Dopo aver ucciso Giulia Tramontano nella loro casa a Senago, tra le 19 e le 20 di sabato sera, il compagno Alessandro Impagniatiello ha cercato di contattare anche la sua amante. Avrebbe detto alla donna: “Se n’è andata, adesso sono libero”, assicurandole che il figlio che Giulia portava in grembo non era suo. Tuttavia, la collega, spaventata, ha preferito non incontrare Impagniatiello e gli ha proposto solo un confronto a distanza “da due finestre”.

Indagini svelano ricerche online sospette dopo l’omicidio: pericolo inquinamento delle prove

Tra le ricerche online effettuate da Alessandro Impagnatiello dopo l’omicidio della compagna, spiccano “rimuovere macchie di sangue”, “invio programmato di WhatsApp” e “e-mail con orario programmato”. Secondo il decreto di fermo firmato dall’aggiunto Letizia Mannella e dalla pm Alessia Menegazzo, che l’Adnkronos ha in possesso, questi elementi evidenziano un “concreto e attuale pericolo che l’indagato possa inquinare le fonti di prova”. Gli inquirenti ritengono che il 30enne abbia cercato, tramite ricerche online e poco dopo aver commesso il delitto, modalità di programmazione per inviare messaggi WhatsApp ed e-mail, con l’obiettivo chiaro di alterare la ricostruzione cronologica degli eventi. Durante le indagini è emerso che Impagnatiello è stato in grado di falsificare un certificato di paternità.

Solo quando i carabinieri hanno scoperto “ampie tracce di sangue” nell’appartamento di Senago, il 30enne “è crollato e ha deciso di ammettere l’omicidio”, ha raccontato il comandante provinciale dei carabinieri di Milano, Iacopo Mannucci Benincasa. Ha ammesso il delitto, ma – ha osservato il comandante – “non ha raccontato la verità, perché non credo che il suo racconto sia del tutto genuino, ci sono delle incongruenze”. Mannucci Benincasa ha dichiarato che stanno aspettando la convalida del gip e ha sottolineato che “il quadro è talmente chiaro che possiamo dire che ci sono ancora punti da approfondire, ma sulla maggior parte di questa vicenda abbiamo già fatto chiarezza”.

Ha anche sottolineato che “l’assassino è stato individuato in 72 ore, nonostante i suoi tentativi”. Già domenica pomeriggio, quando Impagnatiello ha segnalato ai carabinieri di Senago la scomparsa della sua compagna incinta, sono emerse incongruenze nei suoi racconti. “Chi raccoglie queste informazioni si rende subito conto che qualcosa non va”, ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri, aggiungendo che “le indagini, anche se iniziate per la scomparsa, sono partite subito ed è stata applicata una pressione sempre maggiore per individuare le contraddizioni nel suo racconto, che sono diventate prove quando le sue parole venivano contraddette dagli elementi di prova”.

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(con fonte AdnKronos)

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