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A mente fredda e dopo aver smaltito abbondantemente la sbornia elettorale per le elezioni europee, guardiamo il risultato del voto in Francia, grazie alla nostra inviata oltralpe ad Arles.

Al di là di ogni più rosea previsione: la partecipazione al voto in Francia ha subito una forte impennata, ottenendo la partecipazione di oltre il 50 per cento degli aventi diritto. Il Raggruppamento Nazionale di Marine Le Pen ha consolidato la sua posizione alle elezioni europee del 26 maggio con il 23,31 per cento dei voti, distanziandosi di quasi due punti dal movimento di Emmanuel Macron, République en marche.
Questi risultati riproducono sostanzialmente lo scenario del duello delle presidenziali del 2017, ma questa volta è stata Marine Le Pen a prevalere e a riportare il suo partito al vertice, come ai tempi gloriosi di cinque anni prima.
L’inquilino dell’Eliseo, che pure non si è sottratto a questo duello, si dichiara deluso, ma cerca di consolarsi minimizzando il «cattivo risultato». Lo stacco tra i due partiti leader, secondo le fonti ufficiali, sarebbe sol­tanto di un punto percentuale. La cosa non intacca il potere in carica, anche se si considera lo scrutinio europeo come un test importante per le elezioni politiche.
I vincitori assoluti di queste elezioni, tuttavia, sembrano es­sere indiscutibilmente i Verdi (EELV), lo schieramento ambientalista guidato da Yannick Jadot che, disattendendo le proiezioni dei sondaggisti, ha preso il 13 per cento dei voti, allineandosi alla progressiva ascesa dei movimenti ecologici di altri paesi europei e alla ten­denza globale giovanile.
L’affluire di elettori nel Raggruppamento Nazio­nale ha evidentemente eroso voti ai repubblicani di Bellamy, ai disobbedienti di Mélenchon e ai socialisti di Ségolène Royal, tutti e tre annoverati tra i grandi perdenti, riportando rispettivamente l’8,5 per cento di preferenze il primo, il 6,3 gli ultimi due.
Insomma, come in Italia, anche in Francia, il vec­chio paesaggio elettorale, basato su una netta se­parazione destra-sinistra, sembra definitivamente tra­montato per dare il passo a una nuova era, o al nuovo medio evo.
Questo è quanto si evince dalle analisi dei media più accreditati, quali France Culture, Le Monde, Libé­ration, Le Figaro, ma anche secondo le conversazioni captate al volo degustando il caffè sul ban­cone o sui tavolini delle brasserie in place du Forum ad Arles.
Per un’analisi più attendibile e più dettagliata, utile a farci vedere più chiaro, ho provato a percorrere sentieri meno battuti, a pescare in nuove fonti d’informazione — non senza difficoltà però — per capire le ragioni di queste mutazioni, dello sconvolgimento e scoramento che sovrasta i cittadini.
Spulciando in rete mi sono a lungo soffermata nel blog http://www.bertrand-renouvin.fr/.

«Dal 26 maggio, eminenti specialisti spie­gano gli spostamenti di voti che dovrebbero spiegare la ra­gio­ne dei suc­cessi e delle sconfitte » attacca il blogger. «Pensionati che vo­tano Macron, giovani cittadini che danno la preferenza agli ecologisti, insubordinati di sinistra deportati nello schieramento di Marine Le Pen… Tutto questo merita di essere studiato e memorizzato, ma guardandosi bene dall’attribuire a queste evoluzioni il solito cliché destra-sinistra», avverte nel suo blog Bertrand Renouvin (figlio di un eroe della Resistenza francese morto per sfinimento nel campo di concentramento di Mauthausen).
La vecchia separazione, a partire dalle ultime pre­sidenziali, non ha che un senso marginale, è la linea del macronismo a marcare il nuovo fronte secondo il blogger. «Emmanuel Macron, con l’aiuto dei grandi media, ha favorito l’insediamento del Raggrup­pa­mento Nazionale di Marine Le Pen come partito ufficiale di opposizione designandolo come il nemico da abbattere. Di fatto il nemico si è comodamente assestato nella sua posizione ed ha persino guadagnato elettori a detrimento del desolante candidato della République en marche Nathalie Loiseau».

Fallimento tattico, confortato dall’annientamento della France insoumise di Mélenchon che ha distrutto sul nascere l’insorgere di un populismo di sinistra.
Il capo dello Stato tuttavia non si è scomposto e la sera stessa dello spoglio ha fatto annunciare che non ci saranno cambiamenti nel governo.
La guerra di classe continuerà ad intensificarsi, conclude il blogger, visto che «il capo del blocco oligarchico» si troverà di fronte gli elettori particolarmente esasperati della sinistra, i sindacati sempre più disorientati, i rivoltosi in gilet giallo ancora più arrabbiati, e i nazionalisti più che mai fedeli alla tradizione liberale-conservatrice.
«Penser l’Europe?» (intendendo per pensare «ripensare»), chiedo al mio amico Gilles che mi ha fatto compagnia per il caffè. «Panser l’europe?», chiede lui giocando sull’assonanza delle due parole, giacché «panser» vuol dire curare.
Ecco, come titola Libé­ration, «l’Europa è un mo­ribondo in splendida forma». Insomma, per ripensare o ricucire l’Europa, una sola soluzione sembra evi­dente: l’esistenza dell’Europa.

Liduina Demontis
corrispondente dalla Francia

 

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