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Circa il 40% dei pazienti positivi alla presenza di anticorpi anti Sars-CoV-2 a Wuhan, la capitale della provincia di Hubei nella Cina centrale, primo epicentro della pandemia di Covid-19, ha mantenuto per almeno 9 mesi anticorpi neutralizzanti in grado proteggere dalla reinfezione. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato su ‘The Lancet’, che ha testato la sieroprevalenza a lungo termine in oltre 9mila residenti della megalopoli asiatica.

I partecipanti sono stati valutati ad aprile a fine lockdown, quindi nuovamente a giugno e a ottobre-dicembre. Su un totale di 9.542 persone esaminate (appartenenti a 3.556 famiglie) in tutti i 13 distretti di Wuhan, 532 sono risultate positive agli anticorpi anti-coronavirus: il dato, aggiustato, equivale a una sieroprevalenza stimata del 6,9% nella popolazione. L’82% dei partecipanti che presentavano anticorpi contro Sars-CoV-2 non aveva manifestato alcun sintomo di Covid-19, cioè aveva contratto l’infezione senza accorgersene. Ma indipendentemente dall’essere stati o meno sintomatici, 4 su 10 positivi agli anticorpi già ad aprile li conservavano per almeno 9 mesi.

“Valutare la quota di popolazione che si è infettata e risulta immune è fondamentale per definire strategie di prevenzione e controllo efficaci per ridurre la probabilità di una futura recrudescenza della pandemia”, afferma Wang Chen, autore principale dello studio, presidente dell’Accademia cinese delle scienze mediche e del Peking Union Medical College.

Nel sottolineare l’importanza dei risultati pubblicati, Richard Strugnell e Nancy Wang del Doherty Institute in Australia, non coinvolti nel lavoro, in un commento all’articolo osservano: “Data la relativa scarsità di anticorpi neutralizzanti attraverso l’infezione naturale, lo studio rafforza la necessità di vaccini efficaci nel controllo della malattia a livello di popolazione. Le misure di controllo straordinarie, rapide ed efficaci implementate a Wuhan potrebbero avere limitato la diffusione del virus, ma anche ridotto l’immunità di gregge acquisita naturalmente – riflettono gli esperti – bloccando lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti sostenuti”.

Colpa del lockdown, dunque? No, perché “sebbene altri governi nazionali e locali abbiano utilizzato strategie alternative e solitamente meno efficaci per controllare la diffusione del Covid-19”, anche in comunità in cui la circolazione del virus è altamente endemica “la prevalenza della malattia è solitamente troppo bassa per innescare un’immunità di gregge sufficiente a proteggere l’intera popolazione”.

In conclusione, “lo studio suggerisce che l’immunità di gregge probabilmente non si svilupperà dopo la trasmissione naturale dell’infezione in contesti in cui sono stati introdotti con successo meccanismi di controllo”. Quindi conferma “l’importanza di strategie di vaccinazione efficaci per controllare la diffusione di Covid-19”.

(AdnKronos)

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