
Ostaggi, trattative e crimini contro l’umanità: l’evoluzione del conflitto in Gaza
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Il soldato israeliano rapito da Hamas nel 2023 ha inviato un appello dal suo isolamento, mentre i negoziati per il cessate il fuoco si intensificano. Intanto, un rapporto denuncia l’uso della violenza contro le famiglie come nuova arma di guerra
Un video diffuso dalle Brigate al-Qassam di Hamas mostra Matan Angrest, il soldato israeliano di 21 anni rapito il 7 ottobre 2023, che si rivolge direttamente al governo israeliano, al presidente degli Stati Uniti Donald Trump e ai leader militari israeliani. In un messaggio carico di disperazione, Angrest esorta a un accordo di scambio di prigionieri come unica via per il suo rilascio. “L’unico modo per portarci a casa è tramite un accordo di scambio e andando avanti con la fase due”, afferma, sottolineando che è stato in ostaggio da 511 giorni.
La sua famiglia ha denunciato che il giovane fu ferito durante il rapimento, subendo torture e violenze mentre si trovava prigioniero a Gaza. Angrest, uno dei 59 ostaggi ancora nelle mani di Hamas, ha visibilmente sofferto durante il suo periodo di prigionia.
Nel frattempo, al Cairo, una delegazione di alto livello di Hamas sta partecipando a colloqui cruciali con mediatori egiziani per discutere la fragile tregua nella Striscia di Gaza. Gli incontri si concentrano sui progressi nell’attuazione dell’accordo di cessate il fuoco e sulla pianificazione della seconda fase dell’intesa, che Hamas vuole portare avanti con urgenza. Le richieste del gruppo includono il ritiro completo di Israele dalla Striscia, la fine dell’assedio e l’inizio della ricostruzione, con il sostegno finanziario internazionale.
In parallelo, alla vigilia della Giornata Internazionale della Donna, è emerso un rapporto scioccante della Commissione Civile sui Crimini contro le Donne e i Bambini, che denuncia un nuovo crimine di guerra: il ‘kinocide’. Durante l’assalto di Hamas al sud di Israele il 7 ottobre 2023, le forze palestinesi hanno deliberatamente mirato alle famiglie, usando la violenza contro i legami familiari per infliggere dolore e sofferenza. Il rapporto documenta atti atroci come omicidi di massa, torture e rapimenti di membri familiari, e l’uso dei social media per diffondere il dolore tra i parenti.
Il concetto di ‘kinocide’ viene introdotto come una forma specifica di violenza che mira a distruggere i legami familiari, un crimine che la Commissione ritiene debba essere riconosciuto nel diritto penale internazionale. L’uso sistematico della violenza contro le famiglie, purtroppo, non è nuovo e ha radici storiche, essendo stato documentato in conflitti globali come quelli in Iraq, Siria e Ruanda. La Commissione raccomanda che questo crimine venga formalmente integrato nelle leggi internazionali come crimine contro l’umanità o crimine di guerra, con l’istituzione di un fondo internazionale per supportare le vittime.
Questa tragica realtà sottolinea quanto il conflitto in corso stia superando le tradizionali definizioni di guerra, segnando una nuova e devastante forma di violenza contro le comunità.
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(con fonte AdnKronos)
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