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Le direttive dell’Ue stanno dando un grande impulso alla transizione green dell’economia europea, ma l’equilibrio con le esigenze delle imprese è ancora molto delicato. A tutela del mondo imprenditoriale, la settimana scorsa oltre 40 eurodeputati hanno presentato una mozione di risoluzione per rendere gli standard europei di rendicontazione sulla sostenibilità (Esrs) più semplici e meno onerosi per le aziende.

L’obiettivo della mozione è respingere l’atto delegato della Commissione sugli Esrs (European Sustainability Reporting Standard), dove vengono stabiliti i requisiti e le regole che le aziende devono seguire per la rendicontazione degli impatti, delle opportunità e dei rischi legati alla sostenibilità ai sensi della Direttiva Corporate Sustainable Reporting (Csrd) che ha aggiornato i criteri della Direttiva sulla rendicontazione non finanziaria (Nfrd) del 2014.

Già a fine luglio la Commissione europea aveva provato a rendere la direttiva più leggera per le aziende rispetto a quanto previsto inizialmente dall’Efrag (European Financial Reporting Advisory). In particolare, l’organo europeo aveva concesso alle imprese una maggiore discrezionalità per valutare la rilevanza dei requisiti di rendicontazione ESG proposti dagli standard Esrs e più tempo per quelle aziende, soprattutto Pmi, chiamate per la prima volta a divulgare i fattori di sostenibilità.

Le regole della tanto discussa Csrd entreranno in vigore dal 2024 e porteranno da circa 12.000 a oltre 50.000 il numero di aziende tenute a fornire informazioni sulla sostenibilità. La direttiva non ha solo una portata quantitativa, ma anche qualitativa perché introduce requisiti di rendicontazione più dettagliati sull’impatto ambientale delle scelte, sui diritti umani, sugli standard sociali e sui rischi legati alla sostenibilità.

Le motivazioni degli eurodeputati

Nella mozione della scorsa settimana gli eurodeputati spiegano che l’atto delegato della Commissione sugli Esrs “introduce un elevato onere amministrativo per le aziende a causa dell’elevata complessità degli standard di rendicontazione sulla sostenibilità” finendo per gravare eccessivamente sulle aziende, in particolare su quelle più piccole. Un campanello d’allarme per Bruxelles è arrivato già il mese scorso con la Germania che vorrebbe esentare oltre 7.000 Pmi dalle norme sulla rendicontazione ecologica, considerate pericolose per la competitività delle imprese europee.

Gli oltre 40 europarlamentari hanno anche affermato che gli standard “non raggiungono gli indicatori chiave di prestazione (Kpi) utilizzabili”, impedendo di creare standard misurabili e comparabili tra le aziende. Si tratta di un aspetto fondamentale perché i consumatori esigono sempre più trasparenza dalle imprese e vogliono accedere a informazioni chiare, che permettano anche un confronto tra le varie aziende.

Nella mozione, inoltre, si rileva come le eccessive richieste di rendicontazione mettano a repentaglio l’intenzione della Commissione di ridurre la burocrazia e gli obblighi di rendicontazione del 25% proprio per tutelare la competitività delle imprese comunitarie.

Le modifiche proposte nella mozione

Gli oltre 40 parlamentari Ue chiedono, dunque, alla Commissione di sostituire gli standard Esrs con un nuovo atto delegato che preveda standard di rendicontazione non finanziaria ridotti e meno complessi, in grado di introdurre Kpi chiari per ogni singolo elemento valutato.

Un’attenzione particolare viene rivolta alle Pmi. Gli europarlamentari chiedono alla Commissione di riconoscere più tempo e più potere di scelta alle piccole e medie imprese, una questione che passa anche dai rapporti di forza commerciali. Per questo, sollecitano un intervento della Commissione per evitare che le società più grandi obblighino le Pmi a rispettare obblighi di rendicontazione cui non sono tenuti in base alla Csrd.

La risoluzione richiede inoltre un periodo di attuazione più lungo per le nuove regole e un aumento delle soglie dei dipendenti che determinano la categoria dimensionale delle aziende. La modifica richiesta è piuttosto ingente perché propone di alzare da 500 a 1.500 la soglia occupazionale per definire un’impresa ‘grande’ e quindi assoggettata a maggiori obblighi di rendicontazione.

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