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Gas, luce e benzina rimarranno molto costosi per anni, anche dopo la fine della guerra in Ucraina. Come spiega a Money.it Michele Polo, docente di Economia politica all’università Bocconi di Milano, quando l’Unione europea finirà di sostituire tutti i beni energetici provenienti da Mosca (per l’Italia nel 2024), evitando le speculazioni indotte dal Cremlino, dovrà comunque fare i conti con importazioni più care, soprattutto per quanto riguarda il gas.

Il nuovo metano, infatti, arriverà in gran parte sotto forma di gas naturale liquefatto, “che prevede una serie di processi di rigassificazione e trattamento costosi e che ci vede competere con tutte le altre piazze mondiali”. Quanto al resto, che arriverà da gasdotti non russi (quindi da Algeria, Libia, Azerbaijan e Norvegia), c’è un aumento di domanda ai produttori e dunque il prezzo aumenterà.

Anche per quanto riguarda il petrolio, poi, nonostante l’embargo europeo dal prossimo gennaio e il price cap appena approvato in Occidente, l’Opec+ continua e continuerà a influenzare molto il prezzo, come si è visto con l’ultimo taglio della produzione, che ha fatto risalire Brent e Wti e quindi anche il prezzo della benzina alla pompa.

Per questo Polo si dice convinto che sia venuto il momento di creare un fondo comune per sostenere un price cap generalizzato sui beni energetici, che “avrebbe delle giustificazioni economiche e politiche, perché la crisi dipende anche dalla scelta di tutta l’Unione di sostenere l’Ucraina”.

La riforma del mercato Ttf di Amsterdam, a cui si lega il prezzo del metano, rischia invece di essere una misura tampone poco efficace, che per il professore aiuterebbe a modificare la formazione dei prezzi, ma rimarrebbe il fatto che nei contratti ci sono un acquirente e un venditore e non si può modificare tutto in modo unilaterale.

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