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L’87% dei consumatori italiani tiene conto della sostenibilità nelle decisioni quotidiane. È la percentuale più alta fra le economie avanzate. Ma solo una quota compresa fra l’1% e l’11% degli intervistati dichiara di pagare di più per comprare prodotti e servizi verdi. Il divario fra il dire e il fare sostenibile resta insomma ampio, in Italia così come in tutti gli altri mercati analizzati. E’ quanto emerge dal report Consumers Are Key to Taking Green Mainstream, di Boston Consulting Group.

L’analisi illustra come i manager devono trasformare la sostenibilità da alternativa a caratteristica aggiuntiva di prodotti desiderabili e convenienti. Come spiega Antonio Faraldi, Managing Director e Partner di BCcg, “i brand interpretano questa forbice tra ‘dire e fare’ come se i consumatori non traducessero nobili ideali sulla sostenibilità in azioni e scelte concrete. In realtà la ricerca mostra che molti sono ancora confusi sul proprio ruolo nel contrasto al cambiamento climatico”. Dalla ricerca emerge, infatti, che oltre il 70% degli italiani intervistati si dichiara disilluso, pensando che l’impegno per l’ambiente dichiarato dalle aziende serva soltanto a migliorare l’immagine e le vendite.

Tuttavia, passando in analisi tutte le fasi del comportamento di acquisto, sono emersi dei nuovi segmenti di consumatori: oltre alle persone disposte a comprare sostenibile pagando un prezzo più alto e a quelle soltanto preoccupate per l’ambiente, ci sono i consumatori pronti a comprare sostenibile, seppur non a prezzi superiori, e quelli che adottano già comportamenti responsabili (come fare la raccolta differenziata). Indirizzando meglio offerta e comunicazione, le aziende possono guadagnare questi altri due target, composti da potenziali ‘stakeholder della sostenibilità’. I prodotti sostenibili, rileva infatti Bcg, hanno un Net Promoter Score (Nps) più elevato rispetto alle alternative non sostenibili e la giusta proposta di valore può non solo incoraggiare le persone ad agire e ad acquistare in modo sostenibile, ma anche sviluppare forti relazioni e fedeltà tra consumatori e marchio, favorendo il passaparola.

L’adozione di comportamenti d’acquisto sostenibili non è monolitica, ma cambia a seconda di merci e mercati. In alcune categorie merceologiche, per esempio, il tasso di adozione delle alternative green è più elevato che in altre. Nell’ambito dei prodotti per la casa, per esempio, circa il 60% dei consumatori a livello globale sta già adottando comportamenti sostenibili come il riciclo o il riutilizzo delle confezioni. Nel campo della mobilità, invece, il 39% degli intervistati si impegna nella riduzione delle emissioni limitando l’utilizzo di veicoli privati e comprando auto più piccole o più efficienti.

Differenze marcate sussistono poi fra i diversi Paesi. In Italia la percentuale di chi paga un ‘premio verde’ e di chi adotta comportamenti sostenibili è più alta nel settore dei prodotti per la casa, dei fornitori di energia e della ristorazione, mentre è bassa nell’ambito del trasporto privato, dei viaggi di lavoro e dei generi alimentari al dettaglio. Viceversa, in Cina l’attenzione è alta riguardo alla sostenibilità delle automobili e della cosmetica, mentre i consumatori brasiliani hanno a cuore l’impatto ambientali di pc e tablet. Secondo Bcg, i manager devono cogliere queste specificità per poi modellare l’offerta di conseguenza.

Non solo. Un’analisi del mercato e delle preferenze dei consumatori è cruciale per colmare il divario fra il dire e il fare sostenibile. Consente anzitutto di individuare e sottolineare le caratteristiche del prodotto sostenibile che hanno più presa sul pubblico locale. I consumatori italiani, per esempio, prestano particolare attenzione alle emissioni delle auto. D’altra parte, la conoscenza delle preferenze agevola l’instaurazione di un dialogo più ampio fra l’azienda e i potenziali clienti, teso a evidenziare le altre qualità desiderabili delle alternative verdi. Nel campo della cosmetica, gli italiani sono più attenti alla fonte naturale degli ingredienti che alla loro provenienza geografica o alle emissioni generate dalla loro produzione. La ricognizione attenta del contesto permette anche di individuare i compromessi percepiti a torto o a ragione dai consumatori e di agire per eliminarli. Spesso, infatti, la sostenibilità è percepita dai consumatori come un’alternativa che comporta una rinuncia al piacere o un aumento dei costi. “Chi non compra prodotti green immagina che abbiamo un sovrapprezzo di gran lunga più elevato rispetto a quello effettivo. Spetta alle aziende smentirli, far capire che sostenibilità e convenienza non sono per forza incompatibili, e che anzi, in molte categorie c’è spazio per un accesso di massa a prodotti responsabili”, conclude Faraldi.

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(AdnKronos)

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