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La Russia ha voluto fare una guerra in stile ‘Gerasimov’ – la dottrina del capo di stato maggiore che ha portato alla vittoria in Crimea – con forze militari, e anche premesse, sovietiche, anni Settanta. “Nove decimi dei mezzi e delle armi di quello che hanno dispiegato è prodotto in Unione sovietica. Quanto alle forze in campo, sono in larga misura di occupazione, non da combattimento – spiega all’Adnkronos una fonte militare – Il loro non è molto diverso dall’esercito sovietico, pur se ritinteggiato”.

Per questo, le forze militari stanno iniziando ad arrivare ai limiti delle loro capacità operative. E le possibilità di sconfitta della Russia in Ucraina sono passate dal 20 per cento, all’inizio dell’invasione, al 40 calcolate, dopo due settimane di combattimenti. “L’operazione sta andando molto male ai russi, anche se la manovra militare in senso stretto ha ancora possibilità di successo (60 per cento). La massa complessiva della forza è ancora tale di consentir loro di prendere i maggiori centri abitati”.

“Hanno inizialmente deciso di negare il mito della ‘dottrina Gerasimov’. E poi, nel nuovo quadro entro il quale hanno voluto operare – per esempio rendendo l’operazione palese da mesi – i russi hanno comunque cercato di fare una guerra lampo, contando sul fatto che gli ucraini non fossero né capaci, né intenzionati a difendersi. E hanno sbagliato”.

Le forze più preparate, quelle del Distretto militare occidentale, le unità che erano già dispiegate ai confini dell’Ucraina, hanno raggiunto Kharkiv, da cui non riescono a proseguire, mentre una seconda ala ha faticato ad arrivare nei dintorni di Kiev. Hanno fatto la strada più lunga. Sono i migliori in campo, l’élite. Ma avrebbero dovuto prendere la capitale, far cadere il governo, nella prima ondata dell’attacco. Hanno fallito. Per esempio, all’aeroporto di Hostomel, a 35 chilometri da Kiev, dove l’attacco è iniziato alle sette del mattino del 24 febbraio (ora locale).

Il resto delle forze russe, quelle meno preparate, avrebbero dovuto operare a lungo termine, occupare, e invece ora sono costrette al combattimento. Si tratta dei militari del Distretto meridionale, che si trova di fronte al Donbass e alla Crimea, i ‘secondi per qualità e prontezza’, che hanno attaccato da sud, lungo la direttrice nord est. Queste forze si sono poi divise in due direttrici, una verso Mariupol, l’altra a Kherson. Questa seconda linea si è ulteriormente divisa: verso Zaporizhzhya e verso Mykolaiv, quindi Odessa. “Ma fanno fatica, il rifornimento attraverso la Crimea è complicato”.

Ci sono poi i ‘siberiani’, del Distretto miliare centrale, terzi in termini di rating che “non hanno preso quasi nulla”. Infine, “i militari del Distretto orientale, i meno preparati di tutti, dispiegati dalla Bielorussia. Hanno preso Chernobyl, che è disabitata, e costituiscono il convoglio di 60 chilometri diretto a Kiev, “di fatto un accampamento”. Nella capitale avrebbero dovuto confluire i due gruppi impegnati a Kharkiv e un altro in arrivo dalla Bielorussia. Ma la strada è lunga e pesante (il fango blocca i camion). Faticano ad arrivare.

Ma tutto questo non era prevedibile? Le capacità delle forze in campo, la resistenza degli ucraini? “L’intelligence è come una forchetta. Funziona come per i dati dei virologi. Sta poi al decisore ultimo leggere queste possibilità e prendere la decisione. Ci sono stati dei bias cognitivi, culturali. Hanno letto gli elementi sempre nello stesso verso”. Mosca era convinta che l’Ucraina avrebbe voluto cambiare pagina, se tutto fosse accaduto in poche ore, in pochi giorni. Come nel Donbass. Che una volta instaurato il governo collaborazionista, avrebbero poi convinto gli ucraini indecisi.

“L’incongruenza è stata visibile già nei movimenti iniziali. I russi hanno voluto entrare in Ucraina da troppe direzioni (quattro). Le colonne restano talmente distanti che è difficile ricongiungersi nel raggiungimento degli obiettivi”. “Il rallentamento delle forze russe è da attribuire anche alla mancanza di risorse all’origine, uomini e carri armati (secondo fonti del Pentagono i russi hanno già impegnato il 90 per cento delle forze). Non c’è più molto spazio. Non hanno le forze per una operazione su così vasta scala”. “Ma è evidente anche la loro inadeguatezza al compito, la grande differenza di capacità di combattimento fra le varie unità coinvolte”.

Ci sono notizie di movimenti ulteriori, di forze in arrivo dall’Estremo oriente. Dei miliziani provenienti dalla Siria, come ha confermato il dipartimento della Difesa Usa. Mentre l’Ucraina ha invece raccolto una grande quantità di forze, oltre a quelle militari. Possono contare in tutto su 500mla persone armate – se il flusso di armi in arrivo, si parla di 17mila proiettili anti carro, sarà distribuito nelle mani giuste, pronte per la guerriglia. Mosca prosegue l’operazione di ‘terrore’ (richieste sommate a minacce) intrapresa ancora prima dell’inizio dell’invasione due settimane fa, uccidendo i civili nelle città, con l’artiglieria, anche quando aderisce ad accordi di cessate il fuoco per l’apertura di corridoi umanitari. La seconda parte del piano del Cremlino, quella di negoziare con chi sta fuori dal teatro, non sta funzionando. Il cambiamento degli equilibri in campo, la disponibilità degli ucraini a combattere, rafforza la disponibilità dei governi occidentali a introdurre sanzioni che non rimarranno in vigore all’infinito. In questo scenario, non appare conveniente, in termini strategici, all’Occidente trattare, sottostare a qualsiasi accordo. Il tempo gioca ancora di più contro la Russia”.

Gli ucraini sostengono che i russi hanno perso un terzo dei loro effettivi: oltre 12mila morti e più di 30mila feriti e catturati. Mosca ammette 450 morti, dopo aver negato che ci fosse alcuna vittima. Il ‘delta’ fra 0 e 450 indica che il numero reale dei decessi dovrebbe assestarsi fra 3 e 4mila morti (una fonte del Pentagono ieri ha parlato di 2-4mila morti) a cui si aggiungono i feriti, i catturati, i mezzi fuori uso. Avrebbero così perso il dieci per cento della loro forza. Continuando in questo modo, tra altri 15 giorni, si arriverebbe al 30 per cento delle perdite, “la soglia critica, che ti impone di rivedere la struttura delle unità sul terreno, di cambiare gli obiettivi”.

(AdnKronos)

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