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Tramite il riconoscimento di emergenza nazionale, se il provvedimento sarà approvato dal Consiglio dei ministri, dovrebbe essere garantita acqua potabile ai cittadini e l’approvvigionamento idrico ai settori agricolo e zootecnico oltre che alle imprese impegnate nei cantieri dell’isola.

A mettere sotto pressione la Sicilia c’è la drastica riduzione delle riserve idriche e il rischio riguarda anche l’acqua potabile, tanto che una persona su cinque nella regione potrà accedere all’acqua potabile in modo limitato e seguendo un piano di razionamento.

Mentre costringe circa 1 milione di siciliani a un approvvigionamento razionato dell’acqua potabile, la siccità rischia anche di mettere in ginocchio l’economia dell’isola. Ogni giorno che passa senza intervenire è una scure sulla produzione siciliana.

Un problema che preoccupa tutta la penisola: secondo gli ultimi dati Ispra, nel 2023 in Italia la disponibilità di acqua è diminuita del 18% soprattutto a causa delle scarse precipitazioni.

Le misure prese dalla Regione Sicilia

Nelle scorse settimane la Regione aveva già dichiarato lo stato di crisi idrico sia per l’uso potabile che per quello agricolo-zootecnico, nominando due commissari. Per sostenere i settori già duramente colpiti dalla siccità, il governo regionale punta sulla semplificazione amministrativa e sugli sgravi dai canoni dei consorzi di bonifica, enti locali responsabili della gestione delle risorse idriche, dell’irrigazione e del controllo delle inondazioni.

Le misure saranno finanziate con circa 5,5 milioni di euro, che ben presto potrebbero non bastare: “La Regione – dichiara il governatore Schifani – ha già messo in campo una serie di azioni per mitigare la crisi, aiutando i settori produttivi e limitando i disagi ai cittadini, ma servono anche urgenti interventi statali per operare su reti e sistemi di approvvigionamento idrico e per sensibilizzare i cittadini a un uso più razionale della risorsa. Inoltre, sono necessari sgravi fiscali e contributivi, moratorie e sospensione di adempimenti per le imprese del settore agricolo e zootecnico che sono in gravissima difficoltà”.

La Regione ha anche costituito un osservatorio regionale sugli utilizzi idrici per monitorare costantemente lo stato degli invasi e delle riserve di acqua.

Cosa dice la Protezione civile

Anche la Protezione civile si è attivata per ridurre i danni della siccità in Sicilia e ha indicato gli interventi da attuare nel breve e nel medio termine:

  • riduzione dei consumi delle utenze idropotabili;
  • interventi sugli invasi;
  • campagne di informazione e sensibilizzazione per il risparmio idrico;
  • interventi per reperire risorse idriche alternative, come dissalatori mobili e navi con moduli dissalativi;
  • acquisto di autobotti e silos per la distribuzione dell’acqua in luoghi pubblici;
  • utilizzo di pozzi e sorgenti;
  • riparazione delle reti idriche;
  • ammodernamento degli impianti di dissalazione nei siti dismessi di Porto Empedocle, Paceco-Trapani ed eventualmente anche Gela.

Il costo delle azioni a breve termine è di 130 milioni di euro, mentre per quelle a medio termine occorrono 590 milioni di euro.

Acqua razionata

La richiesta di stato di emergenza nazionale è la punta dell’iceberg, ma la situazione in Sicilia si stava aggravando da diverse settimane. Il 15 marzo la Regione Sicilia ha dichiarato lo stato di emergenza per il settore idrico in sei province: Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina, Palermo e Trapani.

Forse la fotografia più chiara dell’emergenza idrica della regione è il piano di razionamento operativo da marzo. Per 1 milione di persone l’acqua è razionata. A seconda dei casi, l’erogazione dell’acqua è stata ridotta dal 10% al 45%.

Già a gennaio era iniziato un piano di razionamento di acqua per una cinquantina di comuni in varie province, ora i comuni interessati dal piano sono circa 150.

Record negativo per il quarto anno consecutivo

Surriscaldamento climatico, rischio desertificazione e siccità non sono spettri nuovi per gli abitanti dell’isola. Come si legge nel comunicato della Regione Sicilia, infatti, il piano di razionamento “si inserisce nel contesto delle condizioni di siccità persistente che ha ridotto la disponibilità di acqua negli invasi siciliani.

Il 2023 è stato il quarto anno consecutivo con precipitazioni al di sotto della media storica di lungo periodo e anche i primi mesi di quest’anno, caratterizzati da temperature più alte e scarsità di piogge, hanno confermato finora questa tendenza”.

Già nel 2020 l’Anbi, Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, sottolineava che il 70% della Sicilia era a rischio desertificazione a causa del cambiamento climatico. Lo stesso dato veniva riportato dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) addirittura nel 2015.

L’estremizzazione dei fenomeni

Altro concetto chiave e conseguenza del climate change è quello dell’estremizzazione dei fenomeni. In Sicilia, infatti, le precipitazioni del 2023 si sono concentrate soprattutto in due eventi estremi, ovvero le tempeste di febbraio e maggio, che hanno inondato intere parti dell’isola nel giro di pochi giorni. Per tutta la seconda metà dell’anno, ci sono state pochissime precipitazioni.

Nonostante siano solo il risultato ultimo di un fenomeno molto più vasto, questi fenomeni estremi fanno particolarmente presa sui cittadini, un fattore da considerare quandi si parla di sensibilizzazione. Lo dimostrano le ricerche fatte sul web degli italiani a tema sostenibilità: nel 2023, infatti, nonostante il calo delle ricerche alla voce “inquinamento” e “climate change”, la terza parola chiave più cercata nell’ambito della sostenibilità è stata “inondazione”, che ha raccolto il 13,5% del traffico di ricerca tematica passando da 1.900 ricerche mensili del 2022 alle 165.000 dello scorso anno (qui per l’analisi completa delle ricerche sul web).

Siccità, un allarme globale (e silenzioso)

L’allarme siccità è particolarmente grave in Sicilia, ma tocca anche altre regioni del Sud Italia e del mondo, aggravato (laddove non generato) dall’inquinamento e dal conseguente surriscaldamento climatico.

Secondo il Rapporto “Global Drought Snapshot”, rilasciato a novembre dall’Onu a margine della Cop 28, la siccità aggravata dal riscaldamento globale è un’emergenza senza precedenti su scala planetaria, che porta a mancanza di cibo e carestia.

Se la sensibilizzazione ha un ruolo importante per contrastare il problema, come testimoniato dalle linee guida della Regione Sicilia, l’Organizzazione sottolinea come, a differenza di ondate di caldo, incendi e inondazioni la siccità è per lo più un disastro silenzioso.

Eppure, sottolinea il Rapporto che proviene dalla Convenzione Onu per la lotta alla desertificazione (Unccd), pochi rischi ambientali causano vittime e perdite economiche come la siccità. È necessario un cambiamento drastico, mentre la frequenza e la gravità degli eventi di siccità aumentano, e i livelli dei bacini idrici diminuiscono così come il raccolto.

L’Onu chiarisce il punto: senza il riscaldamento globale dovuto all’attività umana, le siccità estreme non si sarebbero avute. E invece si sono verificate e, dal 2020, hanno distrutto la vita di milioni di persone in Siria, Iraq e Iran dal 2020. La crisi climatica ha anche reso almeno 20 volte più probabile le siccità record nell’emisfero settentrionale nell’estate 2022. Ma anche in quello australe la situazione è critica. Nel 2022, dopo cinque anni di siccità, ondate di caldo e piogge imprevedibili, la siccità nel bacino di La Plata in Brasile e Argentina è stata la peggiore degli ultimi 78 anni.

L’Onu spiega che negli ultimi anni:

– sono aumentate le migrazioni forzate a causa della siccità;

– i conflitti violenti per accaparrarsi le poche risorse d’acqua presenti sono più frequenti;

– la disponibilità di acqua, intesa come base ecologica per la vita su questo pianeta, si sta erodendo più rapidamente che in qualsiasi momento della storia umana conosciuta

Secondo le previsioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, nei prossimi anni 120 milioni di persone patiranno una siccità estrema anche se il surriscaldamento globale sarà contenuto a +1,5 °C rispetto al periodo preindustriale, come previsto dagli Accordi di Parigi. Obbiettivo che sembra una chimera dato che lo scorso anno, per la prima volta, si sono raggiunti i +2°C rispetto al periodo preindustriale.

Le attuali politiche, spiega l’Onu, sono sulla strada per raggiungere i +3°C di surriscaldamento. Un dato che significherebbe siccità estrema per 170 milioni di persone. Come se non bastasse, a pagarne le spese saranno per lo più quelle popolazioni che hanno contribuito meno al surriscaldamento globale. Come rileva il Rapporto, infatti, l’85% delle persone colpite dalla siccità vive in Paesi a basso o medio reddito.

L’allarme siccità in Sicilia è l’ultimo atto di un disastro che, dati alla mano, farà sempre più vittime. Prendere dei provvedimenti per invertire la rotta non è una opzione, ma l’unica scelta disponibile.

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