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Deve essere autorevole, competente, soprattutto inattaccabile. Deve essere disponibile ad accettare l’incarico e deve essere in grado di sostenere il profilo politico del nuovo governo. Non c’è ancora un nome certo, ne girano diversi, ma la scelta non è facile. Il ministro dell’Economia che dovrà lavorare con Giorgia Meloni premier deve avere un profilo che possa imporsi, dentro la coalizione di maggioranza e fuori, nel contesto internazionale.

Lo snodo è particolarmente delicato. Una fonte autorevole, non politica, ragiona con l’Adnkronos. “Vanno evitati due errori opposti: rinunciare alla competenza che serve oppure, al contrario, mettere nella squadra di governo un corpo estraneo, facilmente assorbibile nelle dinamiche del conflitto potenziale all’interno di una maggioranza di governo. Potrebbe diventare un bersaglio”. C’è un precedente che viene considerato un modello da non seguire. Quando il governo giallo-verde prima investe su una scelta di rottura, Paolo Savona, che viene respinta dal Quirinale per evidente incompatibilità nei rapporti con l’Europa, e poi ripiega su un accademico puro, Giovanni Tria, che finisce nella morsa dello scontro frontale fra Conte e Salvini.

Guido Crosetto, fondatore di FdI e consigliere fidato della Meloni, si è già espresso con chiarezza sul primo paletto, quello del riconosciuto standing internazionale. “Serve una persona autorevole che sappia tranquillizzare i mercati interni e internazionali perché il ministro dell’Economia è il primo ruolo che sarà giudicato non soltanto in Italia ma anche all’estero dove qualcuno potrebbe divertirsi a fare speculazioni”. E ha avvertito: “Se iniziano turbolenze a causa di un nome scelto male, il governo farà poca strada. Di questo Meloni è consapevole da tempo”. Quindi, no a un nuovo caso Savona e no a un nome che possa compromettere la credibilità del governo.

Il secondo aspetto chiave, quello della compatibilità politica con le caratteristiche della maggioranza che sostiene il governo, si lega anche al problema di individuare una personalità disponibile a ‘sposare la causa’ del centrodestra. Non sarà un governo tecnico e sarà un governo fortemente caratterizzato politicamente quello di Giorgia Meloni. Per portare a via XX Settembre una figura sopra le parti, si sta facendo con insistenza il nome di Fabio Panetta, che siede nel board della Bce e che è considerato il candidato naturale a succedere a Ignazio Visco alla guida di Bankitalia, servirebbe, suggerisce la stessa fonte, “un accordo politico blindato e un’apertura di credito verso il nuovo ministro esplicita e soprattutto condivisa”. Non è detto che ci siano le condizioni per riuscirci.

L’alternativa più accreditata è Domenico Siniscalco. Ha un curriculum internazionale e ha già avuto un’esperienza da ministro dell’Economia, con il governo Berlusconi II e, per qualche mese, nel Berlusconi III. Un’esperienza nata raccogliendo l’eredità di Giulio Tremonti, silurato da Gianfranco Fini, e finita male, con le dimissioni, per il contrasto con la maggioranza di centrodestra, in dissenso con le sue posizioni sulla politica economica e sulla rimozione dell’allora Governatore di Bankitalia, Antonio Fazio. Anche nel suo caso, servirebbe un’investitura piena e un sostegno politico largo per fare in modo che la storia non si ripeta. (di Fabio Insenga)

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