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Gli investitori globali dovrebbero prestare maggiore attenzione alla perdita di biodiversità e al rischio che rappresenta per i loro portafogli, secondo una nuova ricerca condotta da Morningstar Sustainalytics. Investire in aziende che affrontano alti livelli di rischio legato alla biodiversità potrebbe influenzare significativamente le prestazioni del portafoglio nel lungo periodo.

Il rapporto ha confrontato i rendimenti di due portafogli di modelli: uno che investe in titoli di beni di consumo con punteggi di rischio MEI (Material ESG Issue) più bassi e uno con punteggi di rischio MEI più alti. Nel corso degli ultimi cinque anni, il portafoglio con minori rischi di biodiversità ha registrato un rendimento totale cumulativo del 51,1%, mentre il portafoglio con rischi di biodiversità più elevati ha ottenuto solo un rendimento dell’8,5%.

La perdita di biodiversità rappresenta un rischio significativo per le aziende e i loro investitori, poiché può portare a interruzioni operative, problemi nella catena di approvvigionamento e danni alla reputazione, con conseguenti rischi sistemici. Con più della metà del PIL mondiale dipendente in misura moderata o forte dalla natura, è cruciale che le aziende e gli investitori considerino questo rischio nei loro processi decisionali.

Organizzazioni come i Principles for Responsible Investment (PRI) e la Task Force on Nature-based Financial Disclosures (TNFD) hanno pubblicato raccomandazioni per integrare la natura nei processi decisionali aziendali e di investimento. Basandosi su queste iniziative, il rapporto propone l’utilizzo di dati ambientali, sociali e di governance (ESG) rilevanti per sviluppare strategie di investimento volte a mitigare i rischi legati all’uso del territorio e alla biodiversità.

Martin Vezer, direttore associato della ricerca ESG presso Morningstar Sustainalytics, ha sottolineato l’interesse crescente degli investitori nel gestire i rischi legati alla perdita di biodiversità all’interno dei loro portafogli. Questi rischi possono derivare dalla partecipazione a società coinvolte nei cambiamenti nell’uso del suolo, che possono causare interruzioni operative, problemi nella catena di approvvigionamento, danni alla reputazione e rischi sistemici. Secondo i dati analizzati, settori come quello dell’automobile, della vendita al dettaglio di generi alimentari, del tessile e dell’abbigliamento, e dei prodotti per la casa presentano una percentuale relativamente alta di aziende coinvolte in controversie legate alla perdita di biodiversità attraverso le loro catene di approvvigionamento.

Vezer ha evidenziato che la deforestazione, uno dei principali motori della perdita di biodiversità, è associata a una serie di problemi ambientali e sociali, tra cui il cambiamento climatico, l’accaparramento delle terre, la violenza, la corruzione e altre attività criminali.

Ecosistemi, comunità ed economie sane

La perdita di biodiversità su scala globale è principalmente causata dalle attività industriali, che hanno portato a cambiamenti nell’uso del territorio e del mare per la produzione alimentare su larga scala, sfruttamento eccessivo della pesca e della caccia, cambiamento climatico, inquinamento e introduzione di specie invasive.

Le foreste, che coprono oltre il 30% della superficie terrestre, sono particolarmente cruciali per la biodiversità, fornendo habitat per l’80% delle piante e degli animali terrestri. Tuttavia, negli ultimi 30 anni, circa 420 milioni di ettari di foresta sono stati convertiti ad altri usi del suolo, con una perdita attuale stimata di circa 8.000 metri quadrati di copertura arborea ogni secondo.

Gli impatti ambientali della deforestazione sono molteplici e includono l’interruzione dei cicli idrologici, erosione del suolo, contaminazione, perdita di biodiversità e cambiamenti climatici. Le emissioni di gas serra derivanti dall’agricoltura, dalla silvicoltura e da altri usi del suolo rappresentano circa un quarto di tutte le emissioni antropiche di gas serra.

Uno studio recente ha evidenziato che il degrado delle foreste ha portato al rilascio di una quantità significativa di carbonio nell’atmosfera, superiore a quella assorbita dalle foreste stesse. Gli scienziati sono sempre più preoccupati che le foreste pluviali come l’Amazzonia stiano raggiungendo un punto di svolta, oltre il quale il ripristino degli stati precedenti potrebbe diventare impossibile. Le conseguenze del cambiamento dell’Amazzonia da foresta pluviale a savana sarebbero estremamente gravi, con impatti su modelli climatici regionali e globali, biodiversità, cicli idrologici e mezzi di sussistenza delle comunità locali.

La deforestazione è anche associata a problemi sociali come l’accaparramento delle terre, violenza, corruzione e altre attività criminali. In particolare, vi è un intreccio tra il traffico di droga e i crimini ambientali in Amazzonia, poiché lungo le stesse rotte vengono spesso trafficate merci illegali e legname contrabbandati verso i mercati esteri.

Nonostante le aziende di diversi settori abbiano tratto profitto dalle pratiche di utilizzo insostenibile del territorio, la ricerca suggerisce che i danni complessivi causati dal degrado forestale superano di gran lunga i benefici a breve termine. Un rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) stima che ogni anno, dal 1997 al 2011, sono stati persi tra 4 e 20 trilioni di dollari in servizi ecosistemici a causa del cambiamento della copertura del suolo, e tra 6 e 11 trilioni di dollari a causa del degrado del territorio.

Biodiversità in bilico e copertura dei rischi del portafoglio

Il rapporto esamina i rischi materiali che gli investitori possono affrontare possedendo società coinvolte in attività controverse legate all’uso del territorio e alla perdita di biodiversità. Mentre molte società di materie prime sono direttamente coinvolte in tali attività, molte altre sono esposte attraverso le loro catene di fornitura. Gli investitori possono adottare strategie di portafoglio mirate a settori altamente esposti a questo problema, come il settore alimentare, della carta e silvicoltura, petrolifero e del gas, conglomerati industriali, servizi pubblici, automobilistico, vendita al dettaglio di generi alimentari, tessile e abbigliamento, e prodotti per la casa.

Gli investitori possono concentrarsi sull’esposizione del loro portafoglio a settori e mercati a rischio, sul coinvolgimento aziendale in controversie rilevanti e sulle iniziative di gestione correlate, come i programmi di approvvigionamento verde, certificazioni di sostenibilità e politiche di deforestazione.

Il rapporto suggerisce anche che gli investitori potrebbero incorporare l’analisi Material ESG Issue (MEI) nel loro processo decisionale progettando strategie di portafoglio basate sui punteggi di rischio MEI legati all’uso del territorio e alla biodiversità nella catena di fornitura. Sebbene i portafogli modello sviluppati nel rapporto rappresentino solo un passo preliminare per affrontare questo problema, i risultati suggeriscono che investire in aziende con minori rischi su questo tema rispetto ai concorrenti del settore potrebbe coincidere con una forte performance finanziaria.

Nella valutazione del rischio ESG di Sustainalytics, le aziende vengono valutate in base a due MEI corrispondenti alle due tipologie di eventi menzionati:

  • uso del territorio e biodiversità, che si concentra sul contesto delle attività aziendali,
  • Terra Uso e Biodiversità – Filiera (SC), che considera le problematiche legate alla gestione della catena di approvvigionamento.

La valutazione tiene conto del sottosettore e dell’esposizione geografica, iniziative di gestione rilevanti e coinvolgimento in controversie pertinenti.

Investire nelle foreste va oltre gli alberi

Il rapporto evidenzia i rischi materiali che gli investitori possono incontrare detenendo azioni di società coinvolte in attività controverse legate all’uso del territorio e alla perdita di biodiversità. Mentre molte società di materie prime sono direttamente coinvolte in tali attività, molte altre sono esposte attraverso le loro catene di approvvigionamento.

Gli investitori possono sviluppare strategie di portafoglio mirate a settori ad alto rischio di queste problematiche. Settori come quello alimentare, della carta e silvicoltura, del petrolio e del gas, dei conglomerati industriali, dei servizi pubblici, dell’automobile, della vendita al dettaglio di generi alimentari, del tessile e abbigliamento, e dei prodotti per la casa sono particolarmente esposti agli incidenti legati all’uso del territorio e alla biodiversità.

I punti chiave su cui gli investitori dovrebbero concentrarsi includono:

  • l’esposizione del portafoglio a settori e mercati a rischio,
  • il coinvolgimento aziendale in controversie rilevanti,
  • le iniziative di gestione correlate, come i programmi di approvvigionamento verde, le certificazioni di sostenibilità e le politiche di deforestazione.

Il rapporto illustra anche come gli investitori possano incorporare l’analisi Material ESG Issue (MEI) nel loro processo decisionale progettando strategie di portafoglio basate sui punteggi di rischio MEI legati all’uso del territorio e alla biodiversità nella catena di approvvigionamento. Sebbene i portafogli modello sviluppati nel rapporto siano solo un primo passo per affrontare questo problema, suggeriscono che investire in aziende che affrontano meno rischi su questo tema rispetto ai concorrenti del settore può coincidere con una forte performance finanziaria.

In sintesi, investire nelle foreste richiede una visione olistica che consideri non solo la preservazione degli alberi stessi, ma anche la gestione sostenibile del territorio e la protezione della biodiversità. Tale approccio può contribuire a mitigare i rischi e a generare rendimenti sostenibili nel lungo periodo.

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