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I capi di Stato e di governo dell’Ue si apprestano a incontrarsi a Bruxelles per un Consiglio Europeo concentrato sulla crisi energetica, che sta mettendo a dura prova le imprese e le famiglie del Vecchio Continente, alle prese con bollette che continuano a lievitare, solo in parte trattenute dai governi, che spendono miliardi di euro per tamponare gli effetti del caro gas.

Il premier ungherese Viktor Orbàn, via social, preannuncia una discussione lunga, specialmente sull’acquisto congiunto di gas naturale, uno dei pochi punti sui quali le capitali sembrano essere più allineate. Il punto più controverso resta il tetto, pur dinamico e temporaneo, al prezzo del gas; non meno ostico il nodo del modo in cui finanziare una risposta europea alla crisi energetica, evitando il ‘ciascuno per sé’ che prevale oggi.

Una minoranza di Paesi, che comprende però la Germania, continua ad opporsi ad ogni misura che limiti i prezzi, nel timore che possa portare alla penuria di materia prima. Oltre a Berlino, sono scettici gli olandesi, e anche gli austriaci, gli ungheresi e anche gli irlandesi, i quali non vogliono mettere a rischio le importazioni di gas dalla Norvegia. Sedici Paesi, tra cui l’Italia, spingono per un ‘wording’ delle conclusioni più assertivo sul tetto al prezzo del gas: l’attuale formulazione è che il Consiglio Europeo, le cui conclusioni orientano la politica dell’Ue, ha concordato di “esaminare un tetto temporaneo e dinamico ai prezzi del gas naturale, per limitare i corsi finché non sarà in vigore” il nuovo benchmark che dovrebbe essere “complementare” al Ttf, l’attuale parametro di riferimento in Europa per il prezzo del metano.

La prima bozza, invece di “esaminare”, riportava “esplorare”. I Paesi che spingono per il tetto stanno lavorando perché diventi “proporre”, cioè un mandato forte alla Commissione affinché si muova. Del tetto al prezzo del gas i leader hanno già discusso al summit di Praga, ma allora “non c’era una proposta della Commissione”, a differenza di oggi, nota un alto funzionario Ue. Almeno, ora “c’è una base su cui negoziare”. Tutti, in ogni caso, hanno notato che il solo fatto che la Commissione abbia ventilato l’introduzione di un meccanismo per calmierare i prezzi ha fatto crollare le quotazioni del metano: sono ancora alte, ma pur sempre inferiori di due terzi rispetto ai picchi dell’estate.

I futures sul Ttf all’Ice sono risaliti a 118 euro al megawattora, per la consegna a novembre: il picco del 26 agosto era poco sotto i 350 euro. Le quotazioni per le consegne a dicembre e gennaio sono più alte, anche perché i serbatoi nell’Ue sono pieni, attestandosi rispettivamente a 142 e 146 euro. Di fatto, non appena l’Ue dà messaggi di unità, i mercati si placano, esattamente come era capitato con Next Generation Eu, quando la speculazione sui titoli di Stato si era ritirata in buon ordine. Diversi Paesi spingono perché si continui a dare messaggi di questo tipo. Tanto più che un tetto dinamico potrebbe anche non essere toccato: “Abbiamo visto un calo dei prezzi, quindi alla fine dei conti un tetto potrebbe anche non essere necessario”, osserva una fonte Ue.

Vale a dire che la stessa esistenza del tetto, il cui limite inferiore dovrebbe comunque essere tale da assicurare un’equa remunerazione ai fornitori per evitare di rimanere senza gas, basterebbe probabilmente a calmierare il mercato. Esattamente come successe con il ‘whatever it takes’ di Mario Draghi, che scoraggiò la speculazione perché i mercati credettero alle parole del presidente della Bce. Le Omt, il cosiddetto ‘bazooka’ di Draghi, non sono mai state usate: è bastato che facessero parte dell’arsenale. Per Draghi, che da parecchi mesi si batte a Bruxelles per introdurre un tetto al prezzo del gas e per una risposta comune alla crisi, finanziata in solido, quello di oggi e domani sarà con ogni probabilità l’ultimo Consiglio Europeo del suo mandato da premier. Ci sarà come d’uso un saluto dei colleghi, probabilmente “sobrio”, ma non sono escluse “sorprese”, secondo fonti Ue.

Un altro punto controverso del pacchetto energia è il tetto al prezzo del gas usato per produrre elettricità, cioè l’estensione della cosiddetta ‘eccezione iberica’ agli altri Paesi dell’Ue. Ci sono diverse perplessità, sia per quanto riguarda l’impatto sui conti pubblici, sia per quanto riguarda l’elettricità esportata in Regno Unito e Svizzera. In pratica, visto che il differenziale tra il tetto al prezzo e il prezzo di mercato lo paga lo Stato, c’è il rischio concreto che l’energia sussidiata finisca per essere esportata nei due Paesi extra Ue. Il punto è chi paga, in questo caso, la differenza.

Legato alle perplessità relative all’eccezione iberica è il problema del finanziamento europeo della risposta alla crisi energetica. Italia e Francia spingono per una riedizione del modello Sure, il piano di prestiti Ue lanciato all’inizio della pandemia di Covid-19 per aiutare gli Stati a difendere l’occupazione. Altri frenano: anche qui lo scoglio principale è la Germania.

Pesano, in particolare, le difficoltà dei Liberaldemocratici dell’Fdp nella coalizione rossoverde: sono rimasti fuori, pochi giorni fa, dal Parlamentino della Bassa Sassonia, ragion per cui oggi sono incentivati ad opporsi a qualsiasi misura che suoni come ‘debito europeo’, anatema per l’elettorale liberale tedesco.

Se ne è avuta una dimostrazione quando è trapelata, all’indomani delle elezioni nel Land, l’intenzione di Olaf Scholz di aprire a un piano Ue sul modello Sure. Indiscrezioni che sono state smentite in serata. Le difficoltà nella coalizione al governo in Germania, tali e tante che Scholz ha dovuto imporre la proroga del funzionamento delle residue tre centrali nucleari, per mettere fine alle liti tra Verdi e Liberali, sono destinate a pesare molto nel percorso verso una soluzione europea alla crisi energetica. Ogni Paese, anche la Germania, ha la sua politica interna: quella tedesca pesa più delle altre, per la dimensione del Paese.

Un altro punto controverso è la riforma del mercato elettrico, cui la Commissione sta lavorando. L’obiettivo è disaccoppiare il prezzo dell’elettricità da quello del gas: la proposta della Commissione è attesa per l’inizio del 2023. Alcuni Paesi conservano dubbi sull’opportunità di modificare un’architettura di mercato che, fino all’invasione dell’Ucraina, ha dimostrato di funzionare bene. La discussione tra i leader sull’energia, che dovrebbe prendere gran parte della prima giornata (e della sera), potrebbe non essere breve.

Per il resto, i capi di Stato e di governo sono attesi all’Europa Building dalle 14. Il summit dovrebbe iniziare intorno alle 15 con un dibattito sull’Ucraina, con un intervento in remoto del presidente Volodymyr Zelensky. Poi inizieranno a discutere di energia e della situazione economica, due temi strettamente legati. Ci sarà un passaggio sulle infrastrutture critiche, dopo il sabotaggio subito dai gasdotti Nord Stream 1 e 2.

Il resto del Consiglio sarà dedicato principalmente alla politica estera. In particolare, i leader discuteranno di Cina, dopo la riconferma per il terzo mandato del segretario del Pcc e presidente Xi Jinping, e del modo in cui l’Ue dovrebbe rapportarsi con Pechino. In agenda anche il vertice Ue-Asean e la Cop27 di Sharm-el-Sheikh. I leader parleranno inoltre dell’Iran: nuove sanzioni sono state già adottate per la violenta repressione delle proteste scatenate dall’uccisione della 23enne Mahsa Amini. Altre sono in preparazione, e potrebbero arrivare molto presto, per via del ruolo di Teheran nella fornitura di droni alla Russia, che li utilizza per colpire le città dell’Ucraina.

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