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Lo ‘scompenso cardiaco’ o ‘insufficienza cardiaca’ è uno dei big killer della cardiologia. In Italia si stimano più di 1 milione di pazienti, 5,7 milioni negli USA e 15 milioni in Europa. La prevalenza della malattia aumenta di circa il 2% per ogni decade di età sino a raggiungere almeno il 10% nei pazienti over 70. Lo scompenso cardiaco cronico è gravato da un elevato tasso di mortalità: oltre il 25% muore entro un anno dalla diagnosi e circa la metà entro 5 anni ed è stato stimato che ogni ricovero ospedaliero correlato allo scompenso triplichi il rischio di morte entro 12 mesi.

Ne hanno parlato esperti e diretti interessati nel 6° INCONTRO NAZIONALE ANNUALE dal titolo “LA GESTIONE DELLO SCOMPENSO CARDIACO NELL’ERA POST COVID-19: PARLIAMONE CON I PAZIENTI” che si è svolto al Senato a Roma. Nel saluto introduttivo la Presidente dell’Associazione AISC, Porzia De Nuzzo ha rivolto un caloroso saluto ai pazienti presenti e a quelli collegati via streaming ricordando che la pandemia non ha fermato il lavoro dell’associazione che anzi è ancora più motivata a trovare vigore e stimoli per assolvere alla mission di essere vicina al paziente e rendere la sua vita il più possibile normale “Mi riferisco” ha dichiarato la Presidente “non solo ai soggetti con scompenso che rientrano tra i soggetti fragili ma a quelli cronici e affetti da malattie rare che oggi sono presenti con i loro rappresentanti a dimostrazione che il mondo del volontariato ha una risposta univoca alle necessità dei pazienti”.

La pandemia di Covid-19 ha rappresentato una sfida impegnativa per la medicina territoriale ma ha avuto in qualche modo un aspetto positivo: il recupero dell’idea che la telemedicina e i teleconsulti potessero mantenere il prezioso filo delle comunicazione con pazienti cronici o a rischio senza metterli in pericolo nel recarsi in ospedale o dal proprio medico.  “Nella fase iniziale della pandemia si è manifestata l’esigenza di ridurre gli afflussi inappropriati in ospedale e al Pronto Soccorso (i codici bianchi e verdi) nell’ottica di mantenere in sicurezza i pazienti positivi e proteggere quelli negativi dal contagio, specialmente in quelli affetti da una condizione cronica e da fragilità che ne avrebbero peggiorato l’outcome in caso di infezione. Così come si è reso necessario alleggerire il più possibile il carico delle strutture di emergenza ad un certo punto completamente assorbite dall’emergenza” ha dichiarato Professor Salvatore Di Somma *Professore di Medicina Interna presso L’Università La SAPIENZA Di Roma e Responsabile Scientifico di Aisc, “ecco allora che si è pensato di organizzare servizi di telemonitoraggio domiciliare per controllare il decorso dell’infezione in coloro postivi al virus ma che potevano essere curati a casa in quanto affetti da forme meno gravi”.

“Il progetto pilota che abbiamo messo in atto presso la ASL di Latina” ha proseguito Di Somma “ha previsto la consegna di un kit a domicilio del paziente per la rilevazione di 4 parametri che era invitato ad inviare due volte al giorno alla centrale operativa dedicata e presidiata h24. In caso di parametri alterati indicati da appositi CUT-OFF scattava un allarme che allertava il medico specialista in pneumologia e un relativo protocollo di assistenza“.

Il sistema di telemonitoraggio domiciliare durato sei mesi ha preso in carico 780 pazienti tra cui sono stati selezionati 325 soggetti positivi al Covid-19 con comorbidità quali diabete ed obesità. Di questi solo 24 hanno avuto bisogno di cure urgenti che sono state erogate tempestivamente e hanno permesso di evitare il ricovero in Terapia Intensiva. “E’ ormai chiaro che un intervento tempestivo nei soggetti covid 19 si traduce in un outcome migliore” sottolinea il Professor Di Somma.

 

 

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