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La Stampa svela perché Trump marcia verso la rielezione

Donald Trump e George Prescott Bush – fonte foto meaww.com

Se volete sapere tutto, con un anno e mezzo d’anticipo, sulle prossime presidenziali americane, e forse anche sulle successive, compratevi La Stampa di oggi e leggetevi golosamente i due begli articoli sull’inevitabilità della rielezione di Trump, dell’inviato Paolo Mastrolilli, e sul terzo Bush che si candiderà alla Casa Bianca, di Francesco Semprini.
Cominciamo dal primo. Il borioso ottimismo trumpiano non sarebbe una novità. Lo è invece il disfattismo che circola in casa democratica: “‘Se le presidenziali fossero questo novembre, la conferma di Trump sarebbe sicura. Invece sono tra un anno e mezzo, e la nostra speranza è che in questo periodo qualche fattore esterno intervenga a cambiare la dinamica’. È piuttosto depresso l’operativo del Partito democratico, che ci fa questa confessione alla vigilia della candidatura di Joe Biden alla Casa Bianca. I motivi del suo pessimismo sono soprattutto tre: primo, il presidente ha scampato il pericolo del ‘Russiagate’, almeno per ora; secondo, l’economia lo aiuta; terzo, il campo dei potenziali concorrenti democratici è il più grande di sempre, e nessuno sta emergendo come leader davvero eleggibile, complicando la concentrazione delle risorse su un cavallo vincente”.
“La speaker della Camera Pelosi ha deciso di non avviare l’impeachment, perché Mueller non ha consegnato prove certe di eventuali reati commessi da Trump. Aprire il procedimento ora sarebbe un boomerang”, perché avrebbe come unico effetto quello di galvanizzare la base del presidente. “Invece proseguiranno le indagini parlamentari, per tenere la Casa Bianca sotto pressione e cercare eventuali altre prove di reati. La variabile poi sono le 12 inchieste che Mueller ha trasferito alla magistratura ordinaria del Southern District di New York, che potrebbero riguardare reati finanziari”.
“Sul piano dei candidati, nessuno convince davvero. Biden ha già tenuto un evento di raccolta fondi ristretto a 25 persone, a cui il nostro operativo ha partecipato, ma non ha fatto una grande impressione. È anziano, come Trump, e prono alla gaffe. […] Sanders viene subito dietro nei sondaggi, ma non è iscritto al partito e i democratici temono che darebbe forza alla strategia di Donald di accusarli di essere socialisti irresponsabili.
Bloomberg non si candiderà, perché ha fatto un sondaggio esplorativo che ha emesso due sentenze: gli Usa non sono ancora pronti ad avere un presidente ebreo, e fuori da New York nessuno lo conosce”.
Panorama desolante, ma tant’è: meglio conoscere prima il male cui si va incontro.
Ma c’è di più: tutto lascia pensare che Trump quando, nel 2024, dovrà comunque lasciare, si stia già coltivando il suo pupillo candidato alla successione: si tratta di colui che sarà con ogni probabilità il prossimo governatore del Texas, l’unico Bush che gli piace e che ha recentemente voluto con sé sul palco: George Prescott Bush.
“Il primo nome lo ha ereditato dal nonno e dallo zio, 41* e 43* presidente degli Stati Uniti, il secondo nome è del bisnonno, il senatore Prescott Sheldon Bush capostipite della dinastia repubblicana. Ex insegnante, avvocato, investitore immobiliare, veterano della guerra in Afghanistan e riservista della Marina militare anche il giovane Prescott [43 anni ieri] ha ceduto alla politica diventando nel 2014 Land commissioner del Texas, poi confermato nel 2018”.
Rivendica con orgoglio le proprie origini ispaniche, anche perché corre in uno stato, il Texas, in cui il peso della minoranza latina è importante.
E scusate se è poco.

Giancarlo De Palo

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